Alicante (Spagna) – L’opposizione parla di oltre un milione di manifestanti, cifre difficili da confermare, certo, anche se le immagini sono forti: un fiume di persone in strada a Caracas contro Maduro, manifestazioni in altri ventitré stati del Paese, almeno nove morti, scontri e i venezuelani della “diaspora”, quelli che ormai lasciano la propria terra a decine di migliaia ogni giorno, a manifestare un po’ ovunque nel mondo. Non a caso, anche in Spagna, ad Alicante, centinaia di cittadini venezuelani sono scesi in piazza a manifestare il proprio dissenso contro il presidente Nicolas Maduro, appoggiati da vari esponenti locali dei partiti presenti nel parlamento spagnolo fatta eccezione per quelli di “Podemos”.
Nel frattempo, in “patria”, Juan Guaidó, il presidente dell’Assemblea Nazionale – il parlamento venezuelano che Maduro ha di fatto cancellato, accentrando ogni potere attraverso la creazione di un’Assemblea Costituente, costretto quindi a farsi proclamare presidente poche settimane fa dal Tribunale Supremo, che a sua volta ha dichiarato illegittimo il parlamento – si è autoproclamato presidente del Venezuela ad interim, in attesa di nuove elezioni, dopo quelle contestate dalla comunità internazionale che avevano portato all’elezione di Maduro con una maggioranza risicata.
Maduro parla di golpe e, concedendo 72 ore di tempo ai diplomatici per lasciare il Paese, annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche con gli Usa di Trump, primo paese a riconoscere la presidenza di Guaidó, seguito dal Canada di Justin Trudeau, dal Brasile di Bolsonaro e poi anche da Colombia, Ecuador, Perù, Guatemala, l’Argentina, Costa Rica, Cile e Paraguay hanno riconosciuto il presidente autoproclamato, al contrario di quanto hanno fatto, in funzione anti-Usa, il Messico e la Bolivia di Evo Morales.
Cauta ma non troppo L’Unione Europea, che pur non riconoscendo Guaidó, si è però espressa chiaramente contro Maduro, invocando “l’inizio immediato di un processo politico che conduca a elezioni libere e credibili, in conformità con l’ordine costituzionale” e appoggiando “pienamente l’Assemblea Nazionale [l’unica in mano all’opposizione, ndr] come istituzione eletta democraticamente eletta i quali potere devono essere restaurati e rispettati”. “L’Unione Europea e i suoi stati membri – chiarisce un comunicato – sono disposti ad appoggiare il ripristino della democrazia e dello stato di diritto in Veneziela”. “Contrariamente a Maduro, Guaidógode di legittimità democratica”, aggiunge il presidente dell’Europarlamento, l’italiano Antonio Tajani, a cui fa eco Donald Tusk, presidente del Consigliok Europeo, che ha affermato il suo “appoggio alle forze democratiche del Venezuela” e ribadendo che “al contrario di Maduro, l’Assemblea gode di un mandato democratico”. Parole che esprimono chiaramente il punto di vista dell’Ue in merito a Maduro: si tratta di un dittatore, ma bisogna essere prudenti. Più prudenti, quanto meno, degli Stati Uniti, la cui mano politica è abbastanza evidente dietro la scelta dell’opposizione di sfidare il regime in maniera così esplicita, forte di un appoggio popolare che certamente non manca.

Un appoggio popolare a cui Guaidó spera si sommi quello dell’esercito: “a tutte le forze Forze armate il nostro appello è molto chiaro, questo Parlamento vi tende la mano e vi chiede di mettervi al fianco della Costituzione e del popolo, il vostro popolo”.
Maduro – che ha già subito un attentato negli scorsi mesi – sostenuto da qualche migliaia di manifestanti, si è trincerato simbolicamente e letteralmente nel palazzo: “Siamo la maggioranza, siamo il popolo di Hugo Chavez. Siamo in questo palazzo per volontà popolare, solo la gente ci può portare via, è in corso un colpo di stato”.
Ma, mentre Chavez non c’è più, in Venezuela l’inflazione è alle stelle, scarseggiano cibo e medicine, il governo ha tagliato a poche ore settimanali il lavoro dei dipendenti pubblici, il popolo scappa o protesta, il petrolio non ancora estratto è stato messo a garanzia di una sorta di moneta parallela per far fronte alla crisi e, socialismo teorico, reale o meno, la situazione sta degenerando gravemente, con un tasso di omicidi che fa di Caracas la città più pericolosa al mondo e un’economia che di fatto sta collassando, nonostante l’appoggio politico, militare ed economico finora giunto da Russia e Cina. Difficile credere che le sanzioni imposte dagli Usa abbiano tutta la colpa della situazione in atto. Molto più facile credere che il governo di Maduro, per di più in una posizione costituzionalmente dubbia, non sia stato in grado di gestire il Paese o – come molti sostengono – stia pagando le conseguendo di una politica economica errata negli anni di Chavez, che pure avevano portato ad una provvisoria crescita.

Ora, se pure la strategia di un’opposizione – che gode dell’appoggio di un’ampia parte della comunità internazionale – non sembra (e plausibilmente non è) immune da già citate influenze esterne, prima di parlare di golpe, non si può ignorare la situazione, la richiesta di libertà urlata a gran voce, le proteste che vanno avanti da anni nonostante la reazione violenta della polizia, il fallimento economico e quanto meno dubitare della repressione dura del regime, che molti accusano di collusione coi narcos e con le elité di un paese il cui socialismo sembra quanto meno “particolare”. Il punto, insomma, considerata anche l’alleanza abbastanza eterogenea (come dimostra la compresenza di populisti alla Trump e progressisti alla Trudeau), è non farsi trascinare dalla logica delle tifoserie e della ideologia. “Patria, socialismo o morte” è uno slogan forte, affascinante, condivisibile. Resta da vedere quanto ci sia davvero di tutto questo nel regime di Maduro e quanto sia soltanto propaganda. E farsi, quanto meno, qualche domanda, prima di schierarsi aprioristicamente per spirito anti-americano, russo-filia o, appunto, ideologia.
Prima di tutto viene sempre la libertà e la realtà delle cose, che quasi mai corrisponde alla teoria, ancora meno a ciò che appare. Capire e poi parlare, mai il contrario. E comunque, sempre, con la verità come faro.
Emmanuel Raffaele Maraziti