Grotta di Altamira: una storia tormentata e affascinante

Questa storia l’ho scoperta per caso, mentre cercavo un collegamento tra il disegno di interni e l’arte rupestre. E ho trovato affascinante riflettere su quanto il gusto per la decorazione degli spazi preceda di gran lunga il mondo dominato dai comfort.

LA RICERCA DEL BELLO: UN BISOGNO PRIMARIO

Ci conferma come la ricerca del bello vada al di là dell’aspetto puramente estetico.
E, piuttosto che un lusso, si prospetta in effetti come una esigenza primordiale che va di pari passo con i bisogni primari dell’uomo.
Perciò ci obbliga a domandarci perché e in quali circostanze il “superfluo” possa essere talmente importante per l’uomo, da far parte della quotidianità di civiltà non ancora libere dalla lotta per il cibo e per la vita stessa.

ALTAMIRA: STORIA DI UNA SCOPERTA TORMENTATA

La grotta di Altamira, in effetti, è stato il primo esempio di arte rupestre mai identificato e si trova nei pressi di Santillana del Mar, a 30 km da Santander, in Cantabria (Spagna).

Quando i dipinti che ricoprono le pareti e il “tetto” della caverna vennero scoperti, nel 1879, da una bambina di 8 anni che si trovava lì con suo padre, quei dipinti non erano stati visti da nessuno probabilmente per millenni. Una frana, infatti, ne aveva bloccato l’ingresso ben 13mila anni fa.

Non solo: la grotta era stata già scoperta nel 1868 da un lavoratore della “finca” sul cui terreno si trova la cavita’, ma fino a quasi dieci anni dopo nessuno si era accorto dei dipinti.

Marcelino Sanz de Sautuola, avvocato e proprietario delle terre che ospitano la grotta, aveva saputo tempo addietro dell’esistenza della grotta proprio da Modesto Cubillas, che pare si fosse addentrato in essa per recuperare il suo cane durante una battuta di caccia.
Ma solo dopo aver visitato l’Esposizione Universale di Parigi del 1878 e il padiglione di Scienze Antropologiche, si decise ad avanzare con lo studio dei resti preistorici visitando varie grotte nei dintorni e, infine, anche quella di Altamira tra l’estate e l’autunno del 1879.

Fu allora che sua figlia Maria si trovo’ ad illuminare una serie di figure ed esclamò: “Guarda, papa’, buoi dipinti!”.
Possiamo solo immaginare la reazione e l’emozione.
I bisonti, cervi e le altre figure selvatiche che decorano la caverna, nonostante risalgano ad un periodo che va dai 14mila ai 35mila anni, sorprendono per la qualità artistica.
Lasciano semplicemente senza parole e, non a caso, sono state ribattezzate la “Cappella Sistina” dell’arte rupestre.

Ma la storia della grotta di Altarmira non ci interessa solo per una questione esistenziale, culturale o per il fascino della sua scoperta. C’è un fatto – che io definirei sociopolitico – che contribuiscono a rendere interessante questa vicenda.

L’INCREDULITA’ DELLA SCIENZA E LO SCETTICISMO DIFFUSO

La scoperta non venne ricevuta con entusiasmo da parte della comunità scientifica. Tutt’altro.
Dopo aver pubblicato, nel 1880, i suoi appunti sugli oggetti della scoperta, attorno ad essa si diffuse l’incredulità.

Proprio la maestria e l’accuratezza dei dipinti, l’uso della prospettiva e la qualità dei colori, fecero infatti dubitare gli studiosi, che all’epoca evidentemente non attribuivano agli uomini della “età della pietra” tali capacità artistiche. Come potevano degli “uomini primitivi” aver realizzato opere così complesse?
La discussione fece il giro d’Europa ma tutti sembravano d’accordo nel rifiutare la tesi dell’arte paleolitica.

Come se non bastasse, la puntualità di Marcelino Sanz nel commissionare al pittore Paul Ratier una riproduzione fedele dei dipinti da inserire nella sua pubblicazione, gli si ritorse contro. Si diffuse in zona infatti la voce che proprio i dipinti della caverna fossero un falso, probabilmente opera dello stesso pittore.

LA VERITA’ VIENE FUORI VENT’ANNI DOPO

Solo nel 1902, circa quattordici anni dopo la morte del suo scopritore, l’autenticità dell’arte rupestre della grotta di Altamira viene finalmente riconosciuta.
E’ lo stesso Émile Cartilhac, già organizzatore della sezione preistoria all’Esposizione Universale di Parigi, a darne atto con una pubblicazione che porta nel titolo il riassunto della vicenda: “Grotta di Altamira: Mea Culpa di uno scettico”.

Nel 1985 la grotta verrà riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Le scoperte sull’arte rupestre nel Paleolitico erano solo all’inizio.
Per oltre vent’anni la comunità scientifica si era sbagliata.
Ed un uomo, convinto della sua verita’, morì da “bugiardo”.

Emmanuel Raffaele Maraziti

Fonti e Link utili:

https://www.cultura.gob.es/mnaltamira/dam/jcr:529a977e-5f32-47f7-bb35-5735d6e36908/altamira-estadoactualdelregistroarqueologico-doc-investigacion.pdf

https://historia.nationalgeographic.com.es/a/altamira-nacimiento-arte-rupestre-europeo-2_18472

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