Solidarietà ai 54 indagati nel processo politico montato dalla Questura di Catanzaro: protestare contro ogni deriva autoritaria è un merito, non una colpa.
Le accuse, come riportato da Ansa e dai vari giornali locali, si riferiscono ad una serie di manifestazioni, a dire il vero molto partecipate, organizzate nel capoluogo di regione calabrese contro le restrizioni imposte per via del Covid.
La proposta del neo-sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita ha scandalizzato i politici lametini.
Proprio non si rendono conto, evidentemente, della brutta figura che stanno facendo esprimendo una visione così ristretta della politica.
E, soprattutto, di quanto sia ovvio che l’aeroporto di Lamezia Terme – provincia di quello che è anche il capoluogo di regione calabrese, infrastruttura su cui convergono investimenti e interessi da tutta la provincia e regione, avendo chiaramente una dimensione extra-municipale – debba portare anche il nome della città di Catanzaro.
E’ arrivata anche sui giornali italiani la campagna del governo spagnolo all’insegna del “body positive”. Ed è stata accolta, ovviamente, dagli applausi della sinistra nostrana che poi, però, si è lasciata sfuggire lo scandalo che ha seguito l’iniziativa.
Ecco perché e di cosa si tratta.
A fine luglio, l’Istituto delle Donne, dipartimento del Ministero dell’Uguaglianza spagnolo, lanciava la campagna: “La playa tambien es nuestra” (“Anche la spiaggia è nostra”). Punto “forte” della campagna una grafica (peraltro non esattamente ben fatta) in cui apparivano, accanto allo slogan poc’anzi enunciato, cinque donne considerate “fuori dagli standard estetici socialmente accettati”. Una donna in carne, una coi peli sotto le ascelle, una con la cellulite, una priva di seno causa operazione e una coi capelli colorati.
In un colpo solo, ci siamo trovati di fronte ad una dimostrazione del pessimo stato del giornalismo oggi e della strumentalizzazione delle tematiche lgbt.
Due giorni fa, svariate testate (regionali e non solo), titolavano all’unisono: “Licenziato perché gay: la battaglia di Davide Sgrò a Catanzaro”. Oggi la smentita: lui o l’Agi (delle due l’una) si erano inventati tutto.
Cinematograficamente si sta parlando molto di “Don’t Look Up“, film con Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence uscito lo scorso dicembre, disponibile su Netflix, scritto e diretto da Adam McKay.
Lo abbiamo visto e, come facciamo nel caso di contenuti culturalmente interessanti, ne offriamo una breve analisi in prospettiva socio-politica. Gli spunti al riguardo, in effetti, non mancano.
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