“Estorsori” delle tasse: che fine ha fatto Robin Hood?

equi_card_2Marcello Veneziani, su ‘Il Giornale’ dello scorso 30 giugno, ci scherzava su. Ma è rimasto tra i pochi in Italia. In maniera via via più rumorosa, infatti, Equitalia, l’azienda a capitale interamente pubblico le cui partecipazioni sono suddivise tra Inps ed Agenzia delle entrate, è balzata nell’ultimo periodo agli onori delle cronache divenendo ormai un caso. Che non sia per niente uno scherzo, del resto, anche Veneziani lo sa benissimo: «tre milioni di italiani si sentono perseguitati da Equitalia», spiega raccontando la sua esperienza fatta di ipoteche inesistenti ed «interessi da strozzino». Una testimonianza d’eccezione ma simile a quelle che segnala Federcontribuenti: conti bancari bloccati, macchine in fermo amministrativo senza preavviso, case vendute all’asta e tasse sui rifiuti che spuntano dopo anni, quando ormai i documenti che provano i pagamenti sono stati ormai, legittimamente, cestinati. Denunce dello stesso tono di quelle provenienti dall’Unione Nazionale Consumatori: «contribuenti che sono costretti ad indebitarsi per sanare contributi in moltissimi casi non dovuti», afferma Saverio Cuoco, presidente nazionale.

È dello scorso 18 giugno, peraltro, l’ultima iniziativa contro Equitalia: una manifestazione organizzata a Roma da Federcons, che precede di poco quella promossa da Unait, che riunisce le sigle Cicas per il sud, Confazienda per il centro e Confimpresa per il nord, una iniziativa che si propone di raccogliere 100.000 firme «per dire no a Strozzitalia». Un vero e proprio bilancio di guerra secondo cittadini ed imprese, un successo secondo Attilio Befera, patron di Equitalia, novello sceriffo di Nottingham che, nel 2007 dei record, già sfoggiava sorrisi a trentadue denti per i risultati ottenuti contro l’evasione fiscale.

Sulle lamentele circa le numerosissime falle del sistema, invece, lo schema è il solito scarica barile: «molti problemi relativi ai fermi amministrativi arrivano dai Comuni che, di fronte all’efficienza di Equitalia, non si sono adeguati». Una verità parziale condivisa da Tremonti: «c’è un eccesso di applicazione delle ganasce fiscali, ma sono forme di esecuzione fatte per conto dei Comuni per le quali poi la colpa ricade sullo Stato».

Se così fosse, dunque, da gennaio, ogni problema sarebbe risolto, in caso di approvazione definitiva, prevista per il 12 luglio, del testo del maxi-emendamento c.d. decreto sviluppo, già approvato in Commissione finanze e bilancio e poi dai 316 deputati della Camera, contenente due emendamenti presentati da Maurizio Fugatti della Lega e Giuseppe Mariniello del Pdl. In base a questi, infatti, da gennaio 2012, Equitalia non effettuerebbe più riscossioni per conto dei Comuni.

Le novità, in ogni caso, non si fermano qua, dal momento che Equitalia sarà costretta ad inviare due solleciti di pagamento prima di ricorrere alle ganasce fiscali per debiti superiori ai duemila euro, non potrà ipotecare la prima casa e, soprattutto, la sospensione del pagamento in seguito ad accertamento coattivo aumenta nella durata, passando dagli attuali due mesi ad un termine massimo di sei mesi.

giorgio ventura«Una misura insufficiente», secondo Giorgio Ventura, presidente nazionale Cicas, Confederazione Imprenditori Commercianti Turismo Servizi, con sede a Roma, direzione generale a Catanzaro e strutture aderenti in tutta Italia. Lo abbiamo incontrato all’indomani dell’incontro tenutosi a Napoli sul tema ‘Micro e piccole imprese: quale futuro?’, che ha visto la partecipazione dell’on. Paolo Russo, presidente della Commissione Agricoltura della Camera, ed abbiamo avuto così occasione di fargli qualche domanda. Nel dibattito, infatti, non è mancato un passaggio proprio su Equitalia.

Cosa pensa delle novità in vista, come l’innalzamento del termine di esecutività degli accertamenti a 180 giorni?

«Le misure in discussione vanno nella direzione giusta, ma il termine giusto, da noi proposto, è di almeno 365 giorni».

Qual è il rapporto tra imprese ed Equitalia?

«Oggi, purtroppo, la riscossione del debito nei confronti delle imprese segue logiche poliziesche, repressive ed inquisitorie. Si parte dal presupposto che ogni contribuente sia un evasore, lasciando a quest’ultimo l’onere di provare il contrario».

Rispetto a quelle di grandi dimensioni, le piccole imprese soffrono di più?

«Certo, se non altro perché l’attenzione di Equitalia è oggi concentrata proprio sulle micro-imprese e sui professionisti, nella convinzione che i redditi dichiarati siano troppo bassi. Un intenzione annunciata lo scorso anno proprio da Befera mentre nessuno sembra accorgersi che ‘il popolo delle partite Iva’ ha, per questo motivo, voltato le spalle a questo governo».

Cos’è che non va nel sistema?

«Senza dubbio i budget di riscossione, premi eccessivamente allettanti, che incentivano l’atteggiamento persecutorio».

Il punto principale sembrerebbe essere questo. La questione, in effetti, era stata segnalata già nel 2009 dall’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili quando, in un convegno a Milano, un intervento di Giampiero  Guarnerio chiariva il motivo delle vessazioni subite dai contribuenti: «ci siamo più volte confrontati con comportamenti degli organi deputati al controllo dei contribuenti, che paiono motivati dalla rincorsa del gettito per l’erario, più che al perseguimento della giustizia tributaria», illustrava Guarnerio. Una ‘macchinosa efficienza’ sostenuta dai bonus, un sistema che porta un’inevitabile inflessibilità e rigidità, quando non l’errore. Del resto, intorno ai tremila euro pro-capite si aggiravano i primi ‘premi-produzione’.

«La prevenzione resta un concetto vago nelle linee guida dell’agenzia, tanto che non viene né definita né misurata. La prevenzione viene addirittura disincentivata: non esistono premi per gli uffici nel cui ambito territoriale l’evasione fiscale si riduce, anzi: una elevata evasione fiscale assurge a condizione necessaria per il successo», continuava il commercialista milanese, ricordando l’art. 97 della Costituzione il quale chiarisce che l’azione della pubblica amministrazione deve essere improntata all’imparzialità ed al buon andamento. È imparziale un operatore con un tale conflitto di interessi? A noi pare di no. Soprattutto se manca, come notava Guarnerio, «un adeguato bilanciamento di penalità a carico della Amministrazione finanziaria in caso di accertamento errato».

Una disparità di trattamento inaccettabile, dunque, evidente laddove l’amministrazione statale rivela la sua incredibile lentezza quando, invece, c’è da liquidare i propri fornitori. La guerra d’indipendenza americana è iniziata da una questione fiscale, chissà che qualche cittadino non cominci almeno a svegliarsi. Per il momento, oltre alla bocciatura della proposta Udc volta a ridurre gli interessi sulle sanzioni, restano le cause civili che, secondo alcuni avvocati, al 70 per cento sarebbero indirizzate contro Equitalia.

Se non è guerra, poco ci manca.

Emmanuel Raffaele, “Il Borghese”, agosto-settembre 2011]