Calabria, culla della falsa rivoluzione di Ncd: qui il maggior numero di iscritti

IMG_7639Non sappiamo ancora se il dato è ascrivibile al fenomeno dell’arruffianamento tipico delle pop star nei concerti («siete il pubblico migliore che abbia mai avuto») oppure se quello proclamato dal ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello lo scorso 8 febbraio a Catanzaro verrà confermato dalle cifre ufficiali ma, volendo fidarci, questo è quanto: pare che proprio in Calabria il neonato partito di Angelino Alfano abbia registrato il maggior numero di iscritti.

Qui il centrodestra non ha mai dovuto affrontare le divisioni verificatesi a livello nazionale grazie al patto di ferro tra il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti (ex Pdl) ed il presidente del Consiglio regionale Franco Talarico (Udc). Da queste parti si preferisce la quiete alla tempesta, anche se non tutti nel partito di Casini hanno sempre gradito, come dimostrano anche le reazioni all’annuncio precongressuale di Casini circa il suo ritorno nell’alveo del centrodestra, che ha irritato non poco l’ex ministro Udc Mario Tassone (da tempo in rotta con la linea del patto di ferro calabrese) ed ha invece visibilmente soddisfatto esattamente Talarico.

E così, a pochi giorni dalla chiusura delle iscrizioni, proprio la regione più a sud della penisola, culla un tempo di un Udc che da queste parti registrava percentuali record, si appresta a diventare la culla di Ncd.

La chiave del palazzo, in ogni caso, resterà nelle mani dell’affiatatissimo duo Talarico-Scopelliti, che nel frattempo è diventato neo-coordinatore nazionale dei circoli Ncd, col merito di esser stato «l’unico tra i presidenti di Regione eletti nel 2010 dal Pdl a non aver seguito Berlusconi in Forza Italia», (Corriere della Calabria).

Insieme resistono ormai da tempo alle numerose indagini che hanno coinvolto diversi esponenti dell’assemblea regionale, all’insostenibile emergenza rifiuti che ancora non trova risposta degna di tal nome, ad una sanità che è ancora in balìa di sprechi clientelari (uno su tutti il Centro Cuore a Reggio, ultratecnologico ma chiuso), accreditamenti di privati con cifre record rispetto alla media nazionale (senza contare interventi legislativi come quello che ha favorito – guarda caso – il Marrelli Hospital, che fa capo al marito di Antonella Stasi, vice di Scopelliti), carenze di personale (1.384 in meno al Riuniti di Reggio, ma anche il Pugliese di Catanzaro, la struttura principale della regione, non se la passa benissimo),  il penultimo posto nella classifica L.E.A. dopo il sorpasso della Puglia e con una Campania in ultima posizione più svelta di una Calabria che rischia di diventare presto ultima.

D’altronde, a proposito di sanità, un pezzo a parte meriterebbe la questione relativa alla Fondazione Campanella di Catanzaro, costituita nel 2006 (al governo della regione vi era l’ex ministro di centrosinistra Agazio Loiero) con i soldi della Regione e dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, con l’obiettivo mai raggiunto di essere riconosciuta come Ircss entro termini di volta in volta prorogati da leggi regionali, che al riguardo possono vantare il poco lusinghiero merito di esser state puntualmente impugnate dal governo e contestate dal Tavolo Massicci, che ha sempre ritenuto inefficiente la struttura. Una struttura che, per farla breve, da ente privato aveva assunto senza concorso, ma da ente pubblico quale si era tentato per necessità di trasformarla non avrebbe potuto ri-assumere i suoi dipendenti. Ultra-indebitata ed ultra-finanziata, la fondazione dovrebbe ora esser salva, mentre i dipendenti in esubero dovrebbero esser ricollocati in una società in house della Regione, con una soluzione nuovamente contestata dal Tavolo Massicci ed un terribile gioco sulla pelle di centinaia di lavoratori.

Direttore generale della fondazione per cui tanto si è speso il governatore nonché socio fondatore di Ncd Scopelliti è stato, fino allo scorso anno – quando il rischio chiusura diveniva concreto -, Baldo Esposito, vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Catanzaro, candidato consigliere dai consensi record e cofondatore di Catanzaro da Vivere, lista che fa capo al senatore ed ex assessore regionale Piero Aiello, ex Pdl che ora ha condotto la sua creatura all’interno di Ncd.

Sono proprio Aiello ed Esposito ad accogliere in una sala congressi gremita il ministro Quagliariello, riferimento di governo per Scopelliti, il quale pochi giorni fa all’Ansa dichiarava l’obiettivo di diecimila circoli entro la fine dell’anno.

Calabria dunque culla di un Nuovo Centro Destra che, in casa propria, per bocca del ministro, azzarda: «con Forza Italia abbiamo un modo diverso di approcciare la politica, dunque l’alleanza non è per nulla scontata: se si farà, sarà per scelta e non per necessità».

Del resto, è vero che, stando agli ultimi sondaggi, con il ritorno di Casini al centrodestra e l’approvazione della nuova legge elettorale, l’ex Casa delle Libertà rischia di vincere e portarsi a casa anche il premio di maggioranza messo in palio dall’Italicum e sarà quindi difficile assistere a scelte differenti da un’alleanza.

Ma Alfano e i suoi hanno ora il dovere di calcare la mano: in palio alle prossime elezioni, dopotutto, ci sarà la leadership politica del centrodestra. E con un Berlusconi ritornato in sella, gli alfaniani hanno bisogno di crearsi un’identità politica a tutti i costi. All’insegna della moderazione: «i valori del centrodestra», spiega Quagliariello, «si possono coniugare con gli interessi del paese: non basta più sventolare bandiere intorno ad un leader, occorre lavorare sul territorio». È lì, nei prospettati diecimila circoli di Scopelliti, che si gioca la battaglia tra Alfano e i circoli dal nome trash (Forza Silvio) di Berlusconi, leader indiscusso ed acclamato fino al diktat dell’ala governativa pidiellina, con relativa marcia indietro e seguente uscita dal governo Letta.

Una guerra senza spargimento di sangue in vista del voto.

Perciò, nel frattempo, Quagliariello continua a delineare l’idea di un centrodestra di governo: anti-populista («le mancate riforme hanno permesso ad un capocomico come Grillo di diventare un capo di partito»; «il M5S si combatte con la buona politica»), alternativo al duo Renzi-Berlusconi («non siamo pregiudizialmente a favore delle preferenze ma bisogna tener conto del tempo storico in cui si fanno le riforme e abbiamo già scontato troppo l’indignazione contro il parlamento dei nominati; e con questa legge il nostro resterà un parlamento di nominati, nonostante il listone diventi un listino»), democratico («le primarie per stabilire le cariche dovranno essere la base di un nuovo centrodestra»).

Un partito che preferisce «il privato» alle «aziende pubbliche» e che ribadisce l’adagio liberista per cui «è meglio un posto di lavoro precario che nessun posto di lavoro»; modo furbo per giustificare la flessibilità del lavoro, e quindi la precarietà, e quindi le delocalizzazioni, e quindi l’impoverimento del territorio e della nazione, riuscendo anche a conquistare gli applausi della platea, composta da giovani e meno giovani, tutti affascinati dal piglio riformista di un ministro che però propina ricette vecchie di decenni e già fallite.

Non è un caso se poi, due giorni dopo, il 10 febbraio, nel Giorno del Ricordo in onore degli italiani infoibati ed uccisi e dell’esodo istriano, in ogni piazza calabrese non si conti più di qualche decina di persone alle fiaccolate in omaggio delle vittime. Giovani e meno giovani stanno lì, pendono dalle labbra del ministro liberista, che odia l’Italia ed i suoi posti di lavoro, che governa con Letta e regala i soldi alle banche, e non hanno quindi tempo per pensare alla pulizia etnica subita dai connazionali.

Non hanno tempo per ricordare ed omaggiare, figurarsi per difendere la nostra nazione.

Emmanuel Raffaele, “Il Borghese”, marzo 2014

* titolo modificato