Lei disse si. Ad un’altra donna. E la proiezione in anteprima, per la decima edizione del Biografilm Festival 2014, è un misto di applausi progressisti e commossi pianti nuziali che regalano alla regista Maria Pecchioli il premio della giuria per la categoria «Italia».
«Lei disse si», infatti, è il documentario che, dal 21 ottobre, racconta, in una ventina di cinema italiani per poco più di un’ora, la storia di Ingrid Lamminpää e Lorenza Soldoni (toscane con origini svedesi nel primo caso), felicemente spose in terra scandinava nel giorno del solstizio d’estate 2013.
«La rivoluzione a colpi di bouquet è appena cominciata», annuncia il sottotitolo di una pellicola presentata a Milano il 25 novembre appena trascorso con la partecipazione della Pecchioli, che su cinemagay.it in proposito osservava: «il matrimonio ha una struttura borghese, ma in questa nuova chiave ha in sé il germe dell’uguaglianza e, quindi, è rivoluzionario».
«E’ importante», aggiungeva, «costruire un immaginario sul matrimonio tra due persone dello stesso sesso».
Ma il tentativo, per certi versi, non è il massimo, visto che a sposare Lorenza ed Ingrid è la versione in carne ed ossa del Capitano McAllister dei Simpson, con tanto di occhiali da sole e furgoncino con réclame: «officiante di matrimoni». Forma decisamente trash per una cerimonia a dir poco scarna, priva di emozioni, con tanto di «gimme five» a sigillare l’unione.
Encomiabile, d’altra parte, l’atteggiamento delle due spose, che non si vestono di retorica omosex o vittimismo, donando tutto sommato gradevolezza ad un documentario che, nato da un video blog e finanziatosi sul web, ci parla di una storia semplice, che suscita simpatia quanto le due protagoniste, ironiche e sfrontate come «madrepatria Toscana» comanda.
Nessuna mascherata, problemi di coppie come tante, fidanzamenti, la paura dell’ufficialità, i parenti, la torta di nozze, il vestito da sposa. Tutto molto normale e nessuna enfasi nel racconto.
«Hanno trasmesso il senso del matrimonio che molti etero hanno perso», osserva Milena Cannavacciuolo, fondatrice del blog «Lez Pop» («La cultura pop in salsa lesbica»), in occasione della proiezione milanese, azzeccando probabilmente in pieno l’analisi.
Mentre la stylist commenta: «il timore è che la comunità gay si imborghesisca e prenda una piega tradizionalista».
Ma, al di là degli aspetti ideologici e di costume, dei «pro» e dei «contro» aprioristici, che ciascuno sia libero di stare con chi gli pare e di renderlo (anche legalmente) ufficiale è un fatto di libertà che non dovrebbe esser messo in discussione. Nel concreto dei diritti e doveri che da quell’unione nascono risiede invece il nocciolo della questione.
Nel momento in cui nuove unioni legali vengono introdotte nel sistema, è naturale ripensare a tutto ciò che ha un costo in termini economici, tanto per lo Stato (es. reversibilità di trattamenti pensionistici) quanto per il singolo (es. mantenimento) o terzi (es. ferie) e riflettere sull’origine o motivazione di queste concessioni, tanto per i matrimoni tradizionali quanto per le eventuali unioni civili.
Emmanuel Raffaele

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