Israele mostra i muscoli. E per l’ennesima volta l’imbarazzo è prima di tutto dell’inerte alleato americano.
L’episodio, infatti, è accaduto proprio ieri presso la residenza dell’ambasciatore statunitense, vicino Tel Aviv, dove si festeggiava il 4 luglio, anniversario dell’indipendenza degli Usa nel 1776.
Qui un cameraman regolarmente accreditato di Al Hurra – tv statunitense in lingua araba con sede a Spingfield, finanziata dal governo americano e rivolta appunto al pubblico arabo – è stato in pratica “sequestrato” dagli uomini della sicurezza israeliana per oltre un’ora e mezza.
Ma non è tutto: Samer Jallad – questo il nome dell’operatore – nel corso dell’interrogatorio è stato prima costretto a togliersi le scarpe e rimanere seduto al sole per più di mezz’ora, dopo di che è stato condotto all’interno di un’altra stanza in cui la sicurezza gli ha addirittura imposto di togliersi i pantaloni per sottoporsi ad una perquisizione “completa”.
Tutto ciò, nonostante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – che ora non rilascia commenti e parla di “eventi da accertare” – fosse perfettamente a conoscenza della presenza di Jallad, che avrebbe dovuto documentare l’evento per conto dei media internazionali.
«Il Foreign Press Association, che rappresenta i media internazionali in Israele – spiega il quotidiano israeliano Haaretz [1] -, ha invitato l’ambasciata degli Stati Uniti a condannare l’accaduto».
«Troviamo particolarmente vergognoso – ha dichiarato l’FPA – che un membro dello staff di una rete finanziata dagli Usa possa esser stato vittima di “discriminazione” razziale nel corso di un evento ufficiale statunitense che celebra il giorno dell’indipendenza americana».
L’ambasciata americana, nel frattempo, ha preferito non commentare, riferendo di non essere a conoscenza del fatto.