Schiaffeggia soldato israeliano: diplomatica francese costretta alle dimissioni

-Lo scorso 20 settembre aveva colpito al volto un soldato israeliano. E così a fine anno la diplomatica francese Marion Fesneau-Castaing dovrà lasciare il suo posto in Israele a seguito di un compromesso raggiunto tra i due governi..

L’incidente – spiega il francese Le Figarò – era avvenuto in occasione di una protesta in un villaggio beduino della Cisgiordania, che aveva subìto un ordine di demolizione al quale, due giorni prima, la Croce Rossa aveva cercato di porre rimedio con l’invio di tende che avrebbero dovuto ospitare le centinaia di persone rimaste senza dimora [1].

“Diversi diplomatici e attivisti europei – racconta il quotidiano israeliano Haaretz – cercavano di aiutare i palestinesi ad erigere alcune tende nel villaggio di Khirbet Makhoul, dove le autorità israeliane avevano demolito case costruite illegalmente all’inizio della settimana” [2].

È nel contesto di questa azione che la diplomatica, addetta culturale del consolato francese, “dopo essere stata estratta in malo modo[3] da un camion carico di aiuti umanitari ed essere strattonata dai soldati, si divincola e colpisce in viso con un ceffone un militare israeliano.

In seguito all’ampia diffusione del video in questione (vedi link) ed alle lamentele di Gerusalemme, la Francia ha così fatto in modo di costringere la diplomatica alle dimissioni per evitare ed evitarle l’espulsione. Quanto ai metodi usati dai soldati nei confronti di quella che è, appunto, una diplomatica, pare che la questione passi in secondo rispetto all’evidente priorità della Francia di preservare i rapporti con Israele a tutti i costi, nonostante il paese d’Oltralpe, e con essa l’Unione Europea, ritenga che quelle portate avanti da Israele in Cisgiordania siano violazioni del diritto internazionale.

Sicurezza israeliana “sequestra” cameraman tv Usa presso residenza ambasciatore

il presidente israeliano shimon peres arriva presso la residenza dell'ambasciatore usaIsraele mostra i muscoli. E per l’ennesima volta l’imbarazzo è prima di tutto dell’inerte alleato americano.

L’episodio, infatti, è accaduto proprio ieri presso la residenza dell’ambasciatore statunitense, vicino Tel Aviv, dove si festeggiava il 4 luglio, anniversario dell’indipendenza degli Usa nel 1776.

Qui un cameraman regolarmente accreditato di Al Hurratv statunitense in lingua araba con sede a Spingfield, finanziata dal governo americano e rivolta appunto al pubblico arabo – è stato in pratica “sequestrato” dagli uomini della sicurezza israeliana per oltre un’ora e mezza.

Ma non è tutto: Samer Jallad – questo il nome dell’operatore – nel corso dell’interrogatorio è stato prima costretto a togliersi le scarpe e rimanere seduto al sole per più di mezz’ora, dopo di che è stato condotto all’interno di un’altra stanza in cui la sicurezza gli ha addirittura imposto di togliersi i pantaloni per sottoporsi ad una perquisizione “completa”.

Tutto ciò, nonostante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – che ora non rilascia commenti e parla di “eventi da accertare” – fosse perfettamente a conoscenza della presenza di Jallad, che avrebbe dovuto documentare l’evento per conto dei media internazionali.

«Il Foreign Press Association, che rappresenta i media internazionali in Israele – spiega il quotidiano israeliano Haaretz [1] -, ha invitato l’ambasciata degli Stati Uniti a condannare l’accaduto».

«Troviamo particolarmente vergognoso – ha dichiarato l’FPA – che un membro dello staff di una rete finanziata dagli Usa possa esser stato vittima di “discriminazione” razziale nel corso di un evento ufficiale statunitense  che celebra il giorno dell’indipendenza americana».

L’ambasciata americana, nel frattempo, ha preferito non commentare, riferendo di non essere a conoscenza del fatto.

Germania, vignetta anti-israeliana irrita ambasciatore a Berlino: è antisemitismo

Sueddeutsche ZeitungProtagonista della vicenda è il “Sueddeutsche Zeitung” – testata tedesca di Monaco di Baviera, come si evince dal nome -, che martedì scorso ha pubblicato una vignetta in cui lo stato di Israele sarebbe stato rappresentato nella didascalia come un «mostro famelico», secondo quanto riferisce l’israeliano Hareetz [1].

L’immagine, che richiamerebbe l’oscura divinità di Moloch, la quale richiedeva ai padri il sacrificio dei propri figli, affiancata alla recensione di due testi su Israele, non è però stata gradita dall’ambasciatore israeliano a Berlino, che ha immediatamente sollevato la polemica e dato adito a diversi gruppi ebraici di tacciare addirittura la vignetta come antisemita [2].

Già mercoledì, in una breve dichiarazione sul proprio sito, il giornale ha celebrato il solito rituale: scuse immediate, pentimento per i «malintesi» causati e l’assicurazione che si è trattato di un «errore».