«Si vorrebbe Pound libertario anziché fascista, laddove, piaccia o non piaccia, egli fu libertario e fascista».
È forse in questa frase la chiave di lettura di «Ezra fa surf», ultima fatica letteraria di Adriano Scianca, giornalista e responsabile culturale di CasaPound, pubblicata dalle edizioni Zero91 con la premessa di Pietrangelo Buttafuoco.
Un titolo che, al di là dei rimandi musical-cinematografici, trasmette un’immagine chiara: «Pound fa surf perché è più fresco, libero, originale, rivoluzionario di tutti gli scribacchini alla moda», come spiega lo stesso autore. E pur nascondendo significati «alti» («surfare sulle contraddizioni del presente», spiega ancora Scianca in un’intervista, «ha un po’ il senso del “cavalcare la tigre” evoliano, essere nella modernità ma lottare per un’altra modernità») cerca volutamente il pubblico.
Pound, aggiunge infatti l’autore, «disprezzava la cultura elitaria che per parlare di presunte “cose alte” si rifugia nell’astrusità, rinunciando quindi al necessario compito educativo dell’artista. L’offesa più grave che potesse rivolgere a qualcuno era “snob“».
Snob come Lello Voce, che su «Il Fatto Quotidiano» si cimenta in una prova di desolante superficialità letteraria, «recensendo» il libro senza forse neanche averlo letto, stando ai commenti concentrati sulla prefazione di Buttafuoco e su CasaPound, che come al solito «va chiusa» ed «istiga al razzismo».
Unica nota di rilievo: il presunto cortocircuito tra l‘opposizione di Pound a chi fabbrica «guerre in serie» ed il sostegno ad un regime che quelle guerre le avrebbe prodotte.
Ovvietà che nel libro sono ampiamente chiarite. Infatti, senza considerare che «durante la guerra d’Etiopia esprime sostegno al regime», è indubbio che l’antimilitarismo di Pound, un apparente «elemento di discrasia dalla visione del mondo fascista», non gli impedisce di riconoscere al regime una sorta di «diritto alla resistenza» nei confronti delle «plutocrazie».
Tanto più che Scianca, riportando alcuni passi di Tarmo Kunnas e facendo riferimento al suo paragone con le «”tendenze pacifiste” di Brasillach, Céline, Drieu La Rochelle», segnala: «Nel suo pamphlet politico afferma che né il disarmo né un pacifismo morboso sono necessariamente le migliori garanzia della pace. Sebbene dichiari di non amare le guerre, ammette alcuni “effetti positivi” della prima guerra mondiale […]. La sua simpatia per l’eroismo non è molto lontana dal militarismo. […] Pound attaccava più che la guerra in sé, il carattere mercantile della guerra in corso».
Non certo un «pacifista integrale», come dimostra peraltro la cosiddetta «Sestina Altaforte»: «Maledica per sempre Iddio quelli che gridano “Pace”!».
«La sua condanna del fatto bellico», conclude Scianca, «come frutto di meccanismi speculativi indotti dalla grande finanza può tranquillamente coesistere sia con un elogio del valore guerriero che con il riconoscimento della necessità di difendersi con le armi dall’usurocrazia».
Ancora una volta, dunque, Pound libertario e fascista. Accanto ai popoli contro l’oppressione di «usura» e nello stesso tempo autore di versi come: «Ho nostalgia di gente del mio stampo/e il volgo non mi tocca».
Perché anche qui: «non c’è contraddizione […]: la sintesi alchemica fra spirito popolare e anima aristocratica è un topos che si riscontra spesso nella pubblicistica fascista». Era stato proprio il Duce, del resto, a chiarire: «Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente».
Quindi, Pound fascista nonostante le contraddizioni, esattamente a causa delle «contraddizioni» proprie alla visione anti-ideologica fascista, che coniugava animo futurista e spirito romano. Una prospettiva che in effetti il responsabile culturale di Cp sottolineava anche nel suo «Riprendersi Tutto» con riferimento al «futur-arditismo».
«Come e perché il pensiero di Pound salverà il mondo». Ecco infine nel sottotitolo la sua attualità, con la denuncia del precariato e della flessibilità che sposta l’attenzione dal teorico al fatto concreto e con le sue posizioni anti-liberiste mai banali, cui Scianca giunge premettendo un’utile analisi del «gran casinò finanziario» che è alla base dell’economia capitalistica odierna, il cui modello incentrato sul libero mercato vacilla visibilmente e culmina nella crisi del debito. Nella società fondata sul debito.
Un testo – per concludere – che tenta con rigore di far luce sugli aspetti controversi del dibattito su Pound compiendo appieno la sua missione: nelle 319 scorrevoli pagine di «Ezra fa surf», l’ «Omero del Novecento» rivive suscitando l’interesse di chi lo non conosce ma soddisfacendo al tempo stesso la curiosità letteraria di chi ha già un debole per il poeta di Haley.
Quanto alle polemiche sull’adesione al fascismo ed il suo ipotizzato (in realtà mai consumato) allontanamento, la presa di posizione è netta: non si trasformi il poeta in altro da sé soltanto per poterlo annoverare nel club dei grandi. E soprattutto: «i discendenti politici dei suoi carcerieri non pretendano di dare lezioni di poundismo ai figli spirituali dei suoi vicini di cella».
Emmanuel Raffaele, “Il Borghese”, dicembre 2013 *
* l’articolo è stato pubblicato con il titolo “La via libertaria al fascismo”; qui si è preferito mantenere la proposta originaria di titolazione.