La legge Fiano è inutile ed anti-costituzionale: se ne sono accorti tutti tranne il Pd

Poco meno di una settimana fa, la Camera dei deputati ha approvato la cosiddetta “legge Fiano”, che prende il nome dal parlamentare e dirigente nazionale del Pd Emanuele Fiano ed introduce l’articolo 293 bis nel codice penale per punire “chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco ovvero delle relative ideologie”. La pena prevista varia dai sei mesi ai due anni, con aggravante in caso di attuazione “attraverso strumenti telematici o informatici”. Approvato con 261 voti favorevoli, 122 contrari e 15 astenuti, il disegno di legge – che dovrà essere approvato anche dal Senato prima di poter essere promulgato – mira a punire le diffuse manifestazioni propagandistiche minori, attuate “anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità”, con il rischio tragicomico di retate nelle case e nei negozi di migliaia di italiani.

Soltanto che, dopo il parere negativo espresso già a luglio dall’Unione delle Camere Penali, la quale riunisce e rappresenta oltre 8mila avvocati penalisti italiani, i pareri contrari si sono moltiplicati, non solo tra i partiti di destra e in Parlamento – dove la legge è stata bocciata e considerata prettamente propagandistica anche dal M5S – ma anche sulla stampa di sinistra ed antifascista, oltre che sulle testate specializzate.Secondo gli avvocati italiani, infatti, la legge rischia addirittura di essere anticostituzionale: “In particolare sono stati sottolineati i profili di contrasto con i principi costituzionali dettati dagli artt. 21, 25 comma 2 e 117 della Costituzione. A riguardo sono stati richiamati i plurimi interventi della Corte Costituzionale e la giurisprudenza elaborata dalla Suprema Corte di Cassazione in merito al perimetro di applicazione dei reati di apologia del fascismo e di manifestazioni fasciste”. In parole povere, il concetto espresso è questo: non solo esiste già la legge Scelba a perseguire l’apologia del fascismo ma, sulla base delle precedenti sentenze della Corte Costituzionale, è stato anche specificato più volte che la stessa apologia si configura soltanto laddove il comportamento perseguito è “idoneo a creare un concreto pericolo di ingenerare consensi ed adesione all’ideologia fascista e antidemocratica”. Per essere condannati, infatti, non è sufficiente la propaganda elogiativa, la manifestazione del pensiero e l’adesione all’idea fascista, dal momento che, considerata la dodicesima disposizione transitoria della Costituzione, spiega ancora l’Unione, “assumono rilievo penale esclusivamente quelle condotte poste in essere in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del partito fascista”. Considerazioni di rango costituzionale tese a restringere l’applicazione dell’esistente legge e che, di conseguenza, escluderebbero a maggior ragione fattispecie minori, come quelle introdotto dal ddl appena approvato.

L’opinione, come abbiamo anticipato, non è per niente isolata. Anche secondo “Altalex”, sito di informazione giuridica, esistono seri “dubbi di costituzionalità sul disegno di legge Fiano”. Nell’articolo pubblicato pochi giorni fa, in effetti, Sara Garreffa, da una prospettiva puramente liberale, ricorda ancora l’esistenza della citata legge (“Scelba”) n. 645/1952 ed anche il citato dibattito sulla sua applicazione, giunto infine ad escludere “la sua incompatibilità con l’art. 21 Cost. che sancisce il diritto alla libera manifestazione del pensiero“. “In tal senso”, spiega”, “si era espressa la Corte Costituzionale nella sentenza n. 1, del 16 gennaio 1957, la quale non ravvisò un contrasto con l’art. 21 Cost., in quanto ‘l’apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in un’esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista. Cio’ significa che deve essere considerata reato non gia’ in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione‘ ”.

Tutto il contrario di quello che, spesso, sostengono gli antifascisti sui social, aizzati dai cattivi maestri dei giornali e della politica. E con il rischio, dunque, che una volta entrata in vigore, la legge sia giudicata incostituzionale da una sentenza futura della Corte (in Italia, infatti, non esiste la possibilità di giudicare in tal senso in maniera preventiva, ovvero prima che la legge entri in vigore). La legge, infatti – lo ribadiamo -, contrasterebbe con il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, che non sarebbe per nulla escluso dal reato esistente di apologia, dal momento che questo persegue solo comportamenti idonei a “mettere in pericolo il bene giuridico tutelato, che in nel caso in esame va individuato nella stabilità dell’ordine democratico della Repubblica”.

L’ex ministro Ignazio La Russa fa provocatoriamente il saluto romano nel suo intervento contro il ddl

In parte anti-costituzionale ed in parte inutile, insomma: la pensa così anche Carlo Maria Martino, giurista e collaboratore de “il Fatto Quotidiano” che, dopo l’approvazione del ddl, sulle colonne del giornale di Travaglio, si chiede: “la proposta di legge Fiano è incostituzionale?“. Secondo Martino, la legge  “ha tutta l’aria di essere, a sua volta, piuttosto che un testo normativo, una presa di posizione, l’affermazione di un principio e il tentativo di imporlo per le vie della giustizia penale“. Le motivazioni sono quelle da noi appena esposte. Il giudizio sottinteso, anche in questo caso da una prospettiva certamente non fascista, è quello di una legge ritenuta propagandistica e illiberale.

Contrario al ddl, anche Gianpasquale Santomassimo che, sul quotidiano comunista “Il Manifesto”, osserva: “Contro la propaganda fascista non serve un’altra legge“. Ci sono arrivati proprio tutti, tranne Fiano e il Pd. Anche il Manifesto, infatti, invita a non “dimenticare mai il valore universale e solenne dell’art.21: ‘Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione’ “. Ma anche alla eccezione contenuta dalla disposizione transitoria che non “fa riferimento al fascismo in generale, ma a una specifica forma di partito, unico, armato e con vocazione totalitaria”. Per combattere un pensiero politico che non ci piace, secondo Santomassimo, non è ammissibile usare “scorciatorie giudiziarie”, ma è necessario affidarsi “alla battaglia politica e culturale, alla costruzione laboriosa di egemonia e senso comune”. Parole sante.

Emmanuel Raffaele

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