“Non stiamo lavorando per uscire dall’euro né dall’Unione Europea”: a dichiararlo, lo scorso 13 febbraio, è il segretario della Lega Matteo Salvini, di fronte ad una schiera di giornalisti della stampa estera. L’euro non ha aiutato l’economia italiana, spiega il leader leghista, ma “non abbiamo fra le priorità di uscire dall’euro e dall’Ue”.
Poche ore dopo, come se non bastasse, il neo-responsabile Esteri della Lega, Giancarlo Giorgetti, in una intervista al Corriere in cui viene punzecchiato per la presenza nel team Economia degli euroscettici Borghi e Bagnai, ribadisce: “Io sono il responsabile degli Esteri della Lega. E se dico che non usciamo, non usciamo. Punto”. A seguire, però, lo stesso Salvini manda in tilt i giornali con quella che molti definiscono una “controsvolta“: “O l’Europa cambia o non ha più senso di esistere. Gli inglesi hanno dato dimostrazione che volere è potere: o le regole cambiamo o è inutile stare in una gabbia dove ti strangolano”.Insomma, la Lega sta tentando di abbassare i toni, ma c’è qualcosa che non quadra.
L’OPERAZIONE IMMAGINE A RISCHIO BOOMERANG
Del resto, già in conferenza stampa, Salvini aveva così giustificato il cambio di rotta: “sono gli altri che hanno fatto una inversione a ‘U’: ora sono tutti eurocritici”. Stesso discorso che Giorgetti aveva proposto sulla questione immigrazione: “Se il ministro Lamorgese può andare a trattare in Europa è perché Salvini ha fatto il matto. Se la lezione è stata capita, si può e si deve collaborare”.
Ecco perché Giorgetti, tra le altre cose, si dichiarava favorevole ad un passaggio nel gruppo europeo dei conservatori e ad abbandonare il gruppo con i tedeschi di Afd e i francesi della Le Pen, sottolineando: “Siamo un partito di governo da vent’anni, non una banda di fascisti come stancamente e stupidamente ripete la sinistra”. Tutto ciò, mentre riallinea il partito su posizioni più accettabili in merito all’alleanza con la Russia e non esclude – esattamente come aveva fatto Salvini – un appoggio a Draghi come presidente della Repubblica (“Draghi è il personaggio italiano che in giro per il mondo potrebbe parlare con qualsiasi interlocutore al suo stesso livello. Se dovesse ritirarsi al mare o in montagna sarebbe una perdita per l’Italia”).

Sembra proprio di si. E non si tratta tanto della questione Russia, in merito alla quale un po’ di serietà non farebbe per niente male. Si tratta di una mancanza di chiarezza che, proprio da forza di governo, non è davvero accettabile. Non si può fare i sovranisti a giorni alterni. Non si può dire “mai fuori dall’euro” e, poco dopo, dire il contrario.
All’interno il concetto era simile a quello appena esposto: “fuori dall’euro il prima possibile, possibilmente concordando l’uscita con i partner europei”. Un imperativo dettato da un’analisi lucidissima: “La distruzione della domanda interna attuata con tagli e tasse aveva un solo scopo: riequilibrare la bilancia commerciale che era in costante deficit per colpa di una moneta (l’euro) troppo forte per la nostra economia […]. L’obiettivo è stato raggiunto a costo di mettere in ginocchio il lavoro e la produzione”. “In mancanza di flessibilità di cambio”, veniva giustamente ricordato, “la competitività può essere riconquistata solamente per mezzo dell’abbattimento dei costi di produzione, vale a dire con la compressione di stipendi e salari. La difesa dell’euro si attua quindi sulla pelle degli italiani creando a bella posta disoccupati e fallimenti”. E, quanto all’inflazione, veniva osservato: “anche in presenza di prezzi stabili (o addirittura in calo) se il reddito si riduce fortemente ecco che il potere d’acquisto svanisce”.

Che la Lega debba sfuggire alla trappola della demagogia salviniana da social network siamo d’accordo, ma sarebbe meglio farlo senza schizofrenia. Su euro e Ue essere cauti e andare al di là degli slogan (come negli esempi a cui abbiamo fatto riferimento) è doveroso e sintomo di serietà, ecco perché è altrettanto inaccettabile, però, predicare sovranismo e poi dire “mai fuori dall’euro”. Se, per essere più credibili nei confronti dell’Ue, si perde credibilità nei confronti degli elettori, poi il consenso scema. Salvini dovrebbe forse notare che, semmai gli inglesi ci hanno insegnato qualcosa, allora si tratta del coraggio delle idee e della coerenza. Che prenda esempio.