Il Grande Reset di Draghi: “niente sarà come prima”

Essere più leccaculo della stampa era un compito obiettivamente difficile.
Ecco perché al Senato, per provare a far meglio, hanno instancabilmente applaudito Draghi ancor prima che potesse concludere le sue frasi più insgnificanti.

Il discorso con il quale il presidente del Consiglio ha chiesto la fiducia ai senatori è tutto qui, nella maggioranza bulgara che lo sostiene (tutti tranne FdI), nei suoi contenuti piuttosto trascurabili e nel tono assolutamente spento, freddo, bruocratico e insopportabilmente noioso del neo premier.

DRAGHI: “L’EURO E’ IRREVERSIBILE, CEDERE SOVRANITA’ NAZIONALE UN DOVERE”

Uno dei passaggi più significativi non rappresenta, al tempo stesso, alcuna novità:
Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, di una Unione Europea sempre più integrata, che approderà a un bilancio pubblico comune.
Gli Stati Nazionali, nelle aree definite dalla loro debolezza, cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa“.

Questo passaggio sarebbe stato sufficiente ad impedire a forze presuntamente sovraniste di appoggiare questo governo.
L’appoggio arrivato nonostante tutto ci impedirà di sospettare ancora che le forze in questione siano effettivamente sovraniste.
Con buona pace anche di Bagnai, caduto in quel triste gioco che è la disciplna di partito.

LEGHISTI MUTI MENTRE DRAGHI LI PRENDE A SCHIAFFI

Eppure Draghi ce la mette tutta a farti passare la voglia. Addirittura serve su un piatto d’argento ai leghisti un lapsus che difficilmente avrebbero perdonato a Conte: “il vostro Paese”, dice prima di correggersi (“il proprio Paese”).
Ma niente: i leghisti si guardano intorno, fanno i vaghi anche stavolta. Rimangono zitti anche quando Draghi gli dice che non tutte le imprese vanno salvate. Muti.
Ecco, la disciplina di partito è molto più che triste ed ipocrita: è omertosa.
Osservi un crimine politico e stai zitto perché te lo dice il partito.
La logica non differisce molto dall’omertà applicata in ambito criminale.

DRAGHI: “LE COSE NON TORNERANNO COME PRIMA: IL MODELLO DEVE CAMBIARE”

“Alcuni”, afferma Draghi, sempre tra gli applausi, “pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così“.

Il World Economic Forum e il “Grande Reset”

Neanche questo ci meraviglia.
L’allarmismo sul virus, dopo tutto, seriva proprio a giustificare la ristrutturazione economica, non certo il contrario.
E lo dimostrano non solo i dati statistico-scientifici ed una campagna lobbistico-mediatica che, per tutto il tempo, ci ha spiegato che la pandemia è un’occasione per rinnovarci, che non dobbiamo tornare al passato, che la Terra respira, che gli animali si riprendono i loro spazi, che il futuro è digitale.
Lo dimostra anche un passaggio logico del discorso di Draghi.

Subito dopo aver detto che le cose non ricominceranno come prima, infatti, prosegue con un’altra frase chiave:
“Il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute, dall’inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all’innalzamento del livelllo dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all’uomo”.

UN PASSAGGIO RIVELATORE SU VIRUS E INQUINAMENTO

Se non torna tutto come prima, insomma, non è perché non si può, ma per via della questione inquinamento, che richiedere un modello economico nuovo.
Ma il collegamento tra virus ed inquinamento/antropizzazione è del tutto generico, la connessione diretta tra i due fenomeni non esiste. E, a dirla tutta, il maggior rischio pandemico è proprio la globalizzazione.

Insomma, in questo passaggio Draghi dimostra che c’è un progetto di sostituzione dell’attuale modello economico con un altro e che la pandemia è stata ha fornito lo shock necessario ad impedire qualsiasi passo indietro.
Nulla di segreto: il “Grande Reset” è stato pubblicamente promosso dal World Economic Forum (ritorneremo sul tema).

Senza la pandemia non sarebbe stato facile giustificare milioni di potenziali disoccupati, chiusure di massa, imprese che vanno a fondo ed un piano di indebitamento record (quando fino a ieri ci prospettavano l’austerità).

Non a caso Draghi spiega che, nella formazione, sarà essenziale tener presente tre fattori: “la globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione ecologica“.
Un’enfasi che “spiega” l’appoggio del Movimento 5 Stelle al progetto: digitalizzazione e ambiente sono da sempre nell’identità del Movimento.
Ciò su cui hanno però ritrattato è la sostanza di quela svolta: la sovranità, la lotta contro le lobby finanziarie (che sono invece al centro di questo piano di ristrutturazione al posto degli Stati), le implicazioni sulla democrazia, sulle disuguaglianze, sull’etica, sulla giusticia sociale.
Tutti vorremmo un mondo più sostenibile e meno inquinato: ma c’è il sospetto che la svolta green sia diventata un affare per le potentissime aziende del comparto tecnologico.

“NON TUTTE LE IMPRESE VANNO SALVATE”

Dopo tutto, il discorso di Draghi sul non tornare al passato, conteneva appunto un altro dei due passaggi che ha fatto discutere:
“Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. […]
Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce.
Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante.
Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Acune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”.

Ci sono settori, attività, lavoratori, che devono semplicemente arrendersi: devono essere fatti fuori. Fa parte del piano.
Un piano che conta appunto su “circa 210 miliardi lungo un periodo di sei anni”, ci hanno detto.
E che, improvvisamente, ora che hanno piazzato Draghi a gestirli, per i renziani non più urgente bisogno del Mes.

“ABBIAMO” VOTATO LEGA E M5S: PERCHE’ C’E DRAGHI AL GOVERNO?

La crisi di governo, d’altronde, ci rimanda al punto iniziale: la sovranità nazionale.

Chi prende le decisioni?
Il presidente della Repubblica Mattarella, apparentemente dal nulla, ha piazzato a palazzo Chigi un banchiere che non fa “politica”, che non è rappresentativo, che non è mai stato eletto dal popolo.
Dopo una crisi politica provocata da un partito elettoralmente nullo e per motivazioni politiche inesistenti.
E l’intero Parlamento, fatta eccezione per un solo partito, ha comunque appoggiato con una maggioranza ancora più ampia il nuovo governo.
Senza nessuna ragione politica evidente, anzi.

LA DEMOCRAZIA E’ FINITA (SE MAI E’ INIZIATA) E SAREBBE ORA DI DIRLO

C’è un evidente problema democratico, se il popolo non conta più nulla nella formazione dei governi e nell’indirizzo politico.
L’ultima volta che il popolo ha votato, in effetti, ha espresso un voto piuttosto anti-europeista, “populista”, “sovranista”.
E oggi si ritrova al governo l’europeista Drgahi, un Pd sconfitto, un Renzi senza voti, mentre i partiti che avevano vinto per andare in una direzione, votano il si ad un governo che va in un’altra.

Ecco perché quel “cedere sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa” è un trucchetto retorico per non dire che la sovranità del popolo, ovvero la democrazia, è finita.
Cedere sovranità nazionale significa molto semplicemente cedere ad altri il potere decisionale che per Costituzione appartiene al popolo e a nessun altro.
E’ una cosa anti-costituzionale, che avviene comunque da anni perché tecnico-giuridico è il golpe con il quale è stata rubata la sovranità al popolo.

Così come sulla pandemia, anche sulla sovranità nazionale sarebbe stata storicamente sufficiente un po’ di chiarezza per acquistare legittimità.
Invece quel punto di rottura non c’è mai stato.
Ma questo non ha impedito ai “federalisti” di portare avanti in maniera più intelligente il loro progetto.
Del resto, il piano gradualista per svuotare gli Stati nazionali della loro sovranità in maniera lenta e sileniosa non è complottismo: è nei testi di scienza politica.
Prima faccio decidere all’Europa questo, poi quest’altro, poi anche quell’altra cosa, fino ad arrivare al punto che l’Unione Europea decide su ogni cosa che conta e detta legge.
Così l’Europa si è imposta sugli Stati un passo alla volta, senza mai chiedere esplicitamente ai popoli se volevano sostituire i loro governi e parlamento con l’Unione Europea.

L’INTEGRAZIONE ECONOMICA HA IMPOSTO L’UE, COSI’ LA PANDEMIA HA IMPOSTO LA RISTRUTTURAZIONE

Allo stesso modo, la questione inquinamento, che sembra oggi giustificare e supportare il cambiamento, non è sembrata però sufficiente a convincere i popoli: serviva fare leva sulla pandemia per rendere il cambiamento inevitabile.
Ecco cosa hanno in comune il piano gradualista per l’integrazione e la cessione di sovranità, con il piano di ristrutturazione economica: in sé potrebbero essere anche giusti, potrebbero anche essere discussi pregiudizi, ma entrambi sono invece decisi a priori e dall’alto al posto del popolo.
Come? Rendendo le decisioni inevitabili.

Ci stanno governando anti-democraticamente, ma sanno bene che dire chiaramente “la democrazia è finita” sarebbe una follia.
E, mentre ci chiudono in casa e fano morire le nostre aziende senza consultarci, ci fanno pure la morale sul pericolo dell’autoritarismo.
Del resto la “democrazia”, inteso ormai come questo modello qua in cui la democrazia vera non c’è, è proprio quello che stanno difendendo.
Perché cambiargli il nome, se suona così bene? Sono mica scemi.

Emmanuel Raffaele Maraziti

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