«Oggi, lunedì [1 luglio, ndr], “Il Giornale” riporta con grande evidenza la nuova ricostruzione degli incidenti del 15 febbraio 2012, di cui ha dato notizia, tra le righe, anche il Corriere della Sera. Per il resto tutto tace».
È il commento affidato ai social network dal giornalista Toni Capuozzo, in seguito alla ricostruzione fatta per Tgcom24, all’interno della rubrica “Mezzi toni” lo scorso sabato 29 giugno, sul caso marò [1], che ha avuto una tiepida accoglienza da parte dei principali media nazionali.
«Il lavoro di analisi di Luigi Di Stefano, Stefano Tronconi e mio – prosegue Capuozzo – dimostra l’innocenza di due cittadini italiani. Può essere confutato, discusso, vivisezionato e ritenuto poco credibile, anche se abbiamo studiato a lungo la cosa e siamo in grado di ribattere. Ma il silenzio si spiega anche con il fastidio di tanta parte dell’informazione verso chi ha fatto il lavoro che sarebbe stato compito di un giornalismo rigoroso e senza pregiudizi. Con l’imbarazzo delle autorità italiane, remissive e deboli, capaci solo di parole per difendere due servitori dello Stato, e forse distratte da interessi commerciali. Con l’indifferenza della politica in generale verso due militari, figli di un dio minore. Ma è una battaglia, la nostra, che continua».
Anche in seguito al pregevole servizio fatto per il Tg5 della durata di 3 minuti e 15 secondi [2], nella seguitissima edizione delle 20, la notizia non rimbalza.
Una rapida ricerca su Google mostra come della ricostruzione non diano conto i grandi giornali, eccetto il sempre controcorrente Dagospia[3] e Libero, che nella versione cartacea dedica più di mezza pagina, con un pezzo a firma di Chiara Giannini, al servizio in questione, pur relegandolo a pagina 19 e senza richiami in prima. Per capirci, dopo un pezzo su Saviano, uno sull’ “esercito di Silvio”, uno su Travaglio, uno su Renzi, sui senatori a vita ed uno sull’Imu.
Quel che è chiaro è che il caso marò per i media non è un caso nazionale. Rimane una questione di “cronaca”.
E veniamo al merito della ricostruzione, che molto deve al lavoro, tra gli altri, di Luigi Di Stefano, perito nel processo sulla strage di Ustica, autore di un documentato dossier sul caso marò ed attaccato tendenziosamente da “Il Fatto quotidiano” anche per la sua vicinanza a CasaPound.
Un manifesto tentativo di screditare le tesi del perito da parte del quotidiano diretto da Antonio Padellaro, nonostante i punti fermi del suo dossier si siano, in effetti, dimostrati molto convincenti, ripresi non solo da Toni Capuozzo, ma anche provati dal gesto della Corte suprema indiana che, nel marzo scorso, ha azzerato le indagini a causa degli errori commessi, negando anche la giurisdizione alla Corte del Kerala.
Tanti gli elementi poco chiari e contraddittori della vicenda. Una su tutte la questione dell’orario, su cui da sempre insiste Di Stefano.
E’ tra le 16 e le 16.30 che la Enrica Lexie (nave su cui sono imbarcati appunto Salvatore Girone e Massimiliano Latorre) viene avvicinata da un’imbarcazione sospetta, i fucilieri sparano in acqua, questa si allontana ed il comandante avvisa in tempo reale la Guardia costiera indiana.
Il peschereccio St Anthony, su cui si trovano i due pescatori uccisi, rientra al porto di Neendankara alle 23.20. «Il capitano e armatore Freddy Bosco – spiega Capuozzo su Tgcom24 – dichiara alle televisioni che l’incidente di cui sono state vittime è avvenuto intorno alle 21.30. E conferma di aver allertato immediatamente, via radiotelefono la Guardia Costiera indiana». Di questo episodio esiste del resto un video, nel quale è visibile anche un poliziotto.
Ma dopo il rientro del peschereccio, la Guardia costiera invita la Enrica Lexie a rientrare a Kochi. Alle 22.20, però, la nave greca Olympic Flair fa sapere di esser stata attaccata dai pirati ed è ora lontana dalla costa, al contrario della nave italiana, che sta rientrando in porto. A questo punto il teorema investigativo viene probabilmente forzato, lo dimostrerebbero anche la variazione degli orari in alcune ricostruzioni e diversi punti oscuri nello svolgimento delle indagini, messi in luce dai dossier in questione.
Inizia così la tragedia dell’ingiusta detenzione (dal momento che il fatto, peraltro, avviene in acque internazionali) dei nostri marò. E l’inerzia, incapacità e debolezza del governo italiano.
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