
Ci è arrivato persino Giuseppe Conte:
“Vogliamo più che mai, e molto più di altri, essere e contare in Europa e mantenere la nostra storica alleanza dentro la Nato.
Il punto è come si sta in queste sedi: con dignità e autonomia, consapevoli di essere una delle prime democrazie al mondo, oppure si svolge il ruolo di terminali passivi di decisioni assunte da altri?”.
Si, sono parole che contano poco, visti i giuramenti di solenne fedeltà alla Nato fatti nel discorso di insediamento del suo secondo governo, a cui è stato di fatto obbligato per fare ammenda delle posizioni del suo primo esecutivo.
Ma, pulpito a parte, siamo di fronte all’unica posizione ragionevole: non si tratta di mettere in discussione delicate alleanze militari, ma di non farne parte in forma del tutto passiva.
La destra radicale, da Fratelli d’Italia a CasaPound, nei fatti, non ha avuto la stessa lucidità di giudizio.
Fratelli d’Italia ha condiviso a testa bassa le posizioni belliciste del governo Draghi mentre, fuori dal Parlamento, in tanti si sono lasciati andare alle simpatie ucraine in nome di una vicinanza ideologica con parte delle milizie combattenti sul fronte ucraino (dopo averci per anni spiegato che le posizioni geopolitiche non hanno a che fare con le simpatie politiche ma con gli interessi nazionali – una posizione che, del resto, cambia nel tempo secondo necessità).
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