Tra quattro anni sarà il centenario della Marcia su Roma, di cui ieri ricorreva il 96esimo anniversario. Ma, a quasi un secolo dalla presa del potere del fascismo e dalla sua fondazione, con gli eredi che non superano l’1% alle elezioni politiche e i tempi del Msi (che mai aveva comunque superato il 10%) finiti da un pezzo, Anpi, centri sociali e sinistra nostrana e internazionale, rilanciano quotidianamente il pericolo fascista e sembrano vederlo un po’ ovunque. Perché?
Esiste chiaramente un problema di obiettività storica, filosofica e politica da parte degli avversari del fascismo, attribuibile agli avvenimenti cruenti connessi alla Seconda Guerra Mondiale e all’antisemitismo che il regime nazista “esportò” in un’Italia allora alleata. E c’è sicuramente un racconto distorto degli anni Settanta che risente di quegli avvenimenti precedenti.
E’ chiaro che, in nome di un approccio storico-politico serio, quel sensazionalismo andrebbe superato e che, invece, nessun cambio di rotta si intravede all’orizzonte ma, anzi, il politicamente corretto sembra esasperare questo scontro, con una definizione di fascismo sempre più estesa e sempre più astratta affibbiata a chiunque non sia “progressista”/”globalista”.
Ma un’analisi seria dei fatti, della storia e delle idee non dovrebbe permettere che la discussione ufficiale sul tema rimanga ferma al concetto di “male assoluto”; al contrario, un quadro più realistico e meno negativo potrebbe tranquillamente coesistere con un giudizio negativo del fascismo e il rigetto di aspetti ritenuti impresentabili.
Detto questo, sarebbe anche ora che la destra radicale che si richiama al fascismo facesse un po’ di autocritica. Continua a leggere
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