Da tempo si pensava a come farne il simbolo per eccellenza delle “stragi del mare”, nelle quali sono rimaste vittime, negli ultimi anni, migliaia di immigrati provenienti dall’Africa attraverso il Mediterraneo. E così, dopo l’incontro tra il sindaco di Milano Beppe Sala ed il regista Alejandro González Iñárritu avvenuto la settimana scorsa, per il barcone affondato nell’aprile 2015 a largo della Libia, si profila l’ipotesi di portarlo addirittura nel bel mezzo di piazza Duomo entro il 24 marzo 2017, laddove papa Francesco, in visita nel capoluogo lombardo, celebrerà messa proprio in quella data.
“Potrebbe essere un segno importante per la città”, ha spiegato il sindaco Sala, già commissario unico di Expo 2015, che ha guidato la coalizione di centrosinistra battendo Stefano Parisi alle elezioni amministrative del giugno scorso. “Con Iñárritu – ha aggiunto il primo cittadino – abbiamo parlato di alcune iniziative. Tra le possibilità, c’è anche questa. Siccome non ha messo a fuoco la fattibilità in termini di costi necessari, preferisco fare un’analisi prima di commentare”. Ma, come dicevamo, una iniziativa simile è in cantiere da tempo e, per di più, della questione si stanno interessando, oltre al Comune ed al quattro volte premio Oscar Iñárritu – che ha regalato l’agognata statuetta anche a Leonardo Di Caprio con la sua ultima pellicola, “Revenant” -, anche l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, la Fondazione Prada (che ha ammesso di lavorare insieme al regista su alcuni progetti senza però aggiungere altro) e la Chiesa.
La Diocesi milanese ha infatti dichiarato: “si sta cercando di capire il progetto, a cui guardiamo con simpatia e interesse. In una città che si sforza di accogliere i migranti, un simile memoriale sarebbe un monito per tutti gli altri a vivere lo stesso impegno, e alla nostra città a continuare“. Mentre la Fondazione ente dello spettacolo della Chiesa italiana, attraverso il portavoce don Davide Milano (portavoce anche del cardinale Angelo Scola, ha confermato: “Aderiamo al progetto di Iñárritu e siamo disponibili a collaborare con iniziative culturali”. “Una suggestione molto ambiziosa”, ha commentato invece Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali di Milano, “sarebbe un simbolo straordinario, e spero riesca a realizzarla nella città che, dal febbraio 2013, ha accolto 117mila persone, di cui più di 21mila bambini”.
Senza precedenti, in effetti, il lavoro di identificazione che l’Università degli Studi di Milano porta avanti da oltre un anno, assegnano ad ogni migrante un numero, conservando i resti e provando a collegarle agli “indizi” trovati, con l’ausilio di tende refrigerate, camion frigoriferi ed un team composto da antropologi e medici, che il regista messicano è stato tra i pochi a visitare.
La sua idea era quella di un’istallazione da portare in varie parti del mondo, la cui fattibilità, però, sembra meno probabile. Nel frattempo, “Repubblica” ha avviato una raccolta firme e ne ha raccolte finora un migliaio per portare il barcone in piazza Duomo. Una ipotesi che – nel massimo rispetto della tragedia e delle persone rimaste vittime di quell’incidente – suona come l’ennesimo, insopportabile ed in questo caso anche eccessivamente invasivo gesto ipocrita, che poco ha a che fare con l’evitare il ripetersi di episodi simili ma sembra, al contrario, tendere piuttosto a perpetuare, ossessivamente, maliziosamente, ideologicamente ed ormai per inerzia, la retorica dell’accoglienza, continuando nella falsa rappresentazione politicamente interessata di stragi connesse alla mancata accoglienza, quando, in realtà, la verità è completamente opposta. Come se, peraltro, l’accoglienza senza limiti, confini e leggi possa mai essere una soluzione. Come se organizzare un servizio di trasporto sicuro, comodo e magari su richiesta per clandestini possa rappresentare una via percorribile.
Emmanuel Raffaele, 15 dic 2016
Una risposta a "Un barcone affondato in piazza Duomo: l’ultima sceneggiata immigrazionista"