Trump: “divieto d’ingresso ai musulmani è una fake news. Ho fatto come Obama nel 2011”

donald-trump-25-janProcuratori contro, bando all’Islam incostituzionale“. La fake news è stato nella giornata di ieri niente meno che il titolo di apertura dell’Ansa. Ma non c’è da meravigliarsi: è stato probabilmente simile il titolo di apertura sulla gran parte dei principali giornali su scala mondiale. La mossa con la quale il presidente americano Donald Trump ha bloccato per tre mesi gli ingressi negli Usa da sette paesi mediorientali a rischio terrorismo (con l’assenza di alcuni paesi che, per carità, potrebbe stupire), ha scatenato la stampa e gli intellettuali progressisti di tutto il globo, che hanno così dato il via all’isteria (ed alla bugia) collettiva.

Ci ha pensato poi lo stesso Trump, con il solito suo intervento sui social network, a puntualizzare l’ovvio: “questo non è un veto nei confronti dei mussulmani, così come i media riportano falsamente. Non si tratta di religione – si tratta di terrorismo e di tenere al sicuro il nostro paese. Ci sono oltre quaranta paesi nel mondo a maggioranza mussulmani che non sono interessati da questo atto“. Niente ma proprio niente avrebbe potuto permettere di confondere uno stop temporaneo su base nazionale ad un veto, di tipo peraltro assoluto, contro gli appartenenti ad una determinata fede in quanto tali. Eppure, per oltre due giorni, è quanto hanno fatto i giornali di tutto il mondo. Gli stessi che, dopo la vittoria di Trump, hanno lanciato l’allarme: ha vinto per colpa delle notizie false, la sua è la vittoria della “post-verità”. Gli stessi che vorrebbero bandirle per legge queste presunte “fake news”, magari facendo decidere al signor Facebook nel merito della loro veridicità. E’ l’inganno sfacciato come metodo di governo, l’assalto spicciolo al nemico delle frontiere aperte chiunque esso sia.

E’ stato creato il panico mediatico, costruito l’ennesimo mostro giornalistico e della realtà dei fatti sembra non importare a nessuno. Trump, come abbiamo visto, ha specificato: stop ai cittadini di sette paesi, ma per decine di altri paesi, per milioni di altri musulmani non cambierà nulla, quindi non c’è nessun bando religioso. Ed ha, peraltro, aggiunto: “La mia politica è simile a ciò che il presidente Obama fece nel 2011 quando vietò il visto ai rifugiati provenienti dall’Iraq per sei mesi. I sette paesi interessati dall’ordine esecutivo sono gli stessi identificati dall’amministrazione Obama come fonti di terrorismo“. Ma Obama, nonostante le guerre fatte, è il premio Nobel per la pace per definizione, in virtù del colore della sua pelle e del suo progressismo, quindi non si tocca. Trump invece è bianco e non sembra neanche troppo di sinistra: la stessa cosa, fatta da lui, è inaccettabile, contro la costituzione. Uno schema assurdo che è stato e viene proposto di continuo anche nel nostro Paese.

Si ricordi che il nostro è un paese di immigrati“, aveva dichiarato ieri Mark Zuckerberg, numero uno di Facebook ed ennesimo campione del progressismo che già la stampa allineata propone come prossimo candidato presidente democratico. E sembra quasi rispondere alle sue parole Donald Trump quando, nel tentativo di placare le polemiche, spiega la verità sul suo provvedimento ed esordisce dicendo: “L’America è orgogliosamente una nazione di immigrati e noi continueremo a mostrare compassione nei confronti di colore che scappano dall’oppressione, ma da agiremo in modo da proteggere i nostri cittadini e le nostre frontiere“. Essere uno Stato costruito da “immigrati”, in breve, non vuol dire dover per questo, rinunciare ad essere uno Stato, con dei confini e delle leggi da proteggere. E, d’altronde, quando mai è stato messo in dubbio, se non oggi che il blocco delle frontiere sembra rappresentare l’opposizione mondiale al piano di confusione totale dei popoli ed il tentativo finale di scacco al re, l’istituzione statale appunto. Tanto più che il presidente statunitense ha specificato: “riprenderemo a valutare il visto per chi proviene da tutti questi paesi una volta che avremo rivisto ed implementato misure più sicure nei prossimi 90 giorni“. Il che era chiaro vista la scadenza breve del provvedimento. Ma non c’è niente da fare, è una opposizione ontologica e a dimostrarlo sono, ad esempio, le parole di commento del primo ministro italiano Paolo Gentiloni: “L’Italia è ancorata ai propri valori. Società aperta, identità plurale, nessuna discriminazione. Sono i pilastri dell’Europa”. Società aperta. Identità plurale. Ovvero nessuna comunità, nessuna identità. Per distruggere l’Europa, altro che rafforzarne i pilastri.

Nel frattempo, la prima telefonata con l’omologo russo Vladimir Putin sembra aver confermato l’intenzione di Trump di riconoscere il lavoro svolto dalla Russia in merito alla situazione siriana. Anche questo, evidentemente, disturba. Tanto che, immancabile, è giunta la consueta diagnosi politicamente partigiana sui presunti disturbi mentali di Donald Trump: la sindrome che lo colpisce, secondo John D. Gartner, sarebbe il “narcisismo maligno“. Nessuna visita, ovviamente, nè altro appiglio che la personale antipatia e la personalissima prospettiva distorta della sua politica, ma tanto è bastato a Gartner, che insegna psicologia alla John Hopkins Medical School, per presentare al mondo la sua interessantissima opinione professionale (sic!).

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