Ecco perché visitare Taverna e scoprire Mattia Preti, il “Cavalier calabrese” (ed ecco perché farlo proprio ora)

Autoritratto di Mattia Preti in “San Giovanni Battista”, Taverna (CZ)

Iniziamo “spoilerando” qualcosa: contemplare di persona il “Cristo fulminante” di Mattia Preti, che sovrasta l’altare della Chiesa di San Domenico, è già un buon motivo per visitare Taverna. Farlo ora, in occasione dell’esposizione comparativa del Guercino (che si concluderà il prossimo 16 novembre) è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Ma andiamo con ordine. Poco meno di tremila abitanti, con un borgo che, ai piedi della Sila Piccola, si posa poco sopra i 500 metri sul livello del mare, per poi sfiorare i 1400 metri di altitudine proprio nella frazione silana di Villaggio Mancuso, Taverna è la sintesi della Calabria.

A pochi minuti dal mare, grazie al collegamento garantito dalla strada che lambisce il fiume Alli (per giungervi poco più a nord della costa catanzarese) e naturalmente a pochi minuti anche dai meravigliosi e rigogliosi boschi della montagna calabrese, come molti altri centri calabresi, il comune presilano vanta non di meno origini antiche. Secondo la tradizione popolare, Taverna sarebbe stata fondata dagli abitanti di Trischene, colonia greca situata all’altezza dell’attuale Uria (frazione del comune di Sellia Marina) a cui avrebbero dato vita addirittura le sorelle di re Priamo. Ma, nonostante la reale esistenza di Trischene sia dibattuta, sembra invece plausibile l’effettiva esistenza di una colonia greco-latina dalla quale deriverebbero i centri di Sellia e di Taverna, in seguito alle incursioni piratesche arabe che costrinsero gli abitanti a trovare rifugi più sicuri nell’interno in epoca medievale.

La storia di Taverna è la storia della Calabria, la geografia di Taverna è la geografia della Calabria: paesi raccolti, arrampicati sui monti, dove d’inverno si respira la legna che brucia nei camini e d’estate si avverte quasi il profumo del mare. “Rocciosi” e “diffidenti” sembrano scrutare da lontano. Accoglienti ed orgogliosi, infondono un senso di religiosità e tenacia. Senza tempo, mostrano però fiere le radici della grande civiltà greca e riportano ad un passato selvaggio di conquiste ed assalti, di pericoli che vengono dal mare e di una montagna che è rifugio. Ricordano, infine, il destino di una terra che domina il Mediterraneo e dalla quale, troppo spesso, si è sentita circondata. Una terra calda, aspra, ricca, difficile, che preannuncia l’Italia.

E’ in questa Italia ancora inconsapevole, è in questa Calabria, è a Taverna che, tra nobili e contadini, con ascendenze egli stesso nobiliari, nel 1613, nasce Mattia Preti. Ed è a questa terra che il Preti – anche quando la sua fama oltrepassa ormai i confini della penisola, anche dopo Roma, Napoli e Malta (dove muore nel 1699 per essere poi sepolto nella Co-Cattedrale di La Valletta) – continuerà sempre a sentirsi appartenente. “L’affermazione a Malta […] convive con il pensiero ricorrente ai luoghi dell’infanzia, alla terra cui continua ad inviare opere notevoli”, scrive Vittorio Sgarbi nella monografia da lui curata per l’editore Rubbettino. “E’ raro che gli artisti”, prosegue il critico d’arte, “lascino più di qualche testimonianza giovanile nel luogo natio, a meno che non si tratti di una capitale o del centro di una civiltà. E’ quindi con stupore che troviamo tante opere inviate alle chiese di Taverna”. Questa continua connessione con la terra natale è la testimonianza di un amore e di una lacerazione che conosce ogni calabrese. Distanza e appartenenza, rifugio e avventura. “Ecco allora – si legge ancora nello splendido testo – che un’intera vita trascorsa a Malta, quarant’anni coronati dalle alte insegne di Cavaliere gerosolimitano, saranno per lui un onore guadagnato alla patria lontana, al punto che, ancor vivo, il Preti fu noto come ‘Cavaliere calabrese'”. Ed ecco, dunque, uno dei principali motivi per visitare Taverna, luogo per eccellenza per conoscere questo straordinario artista, partendo proprio dalle sue origini.

Definito “potentemente drammatico, come nessun caravaggesco capace di plasmare le forme attraverso la luce“, “shakespeariano“, “superbo e mancato ritrattista”, dedito a “realizzare quel punto di fusione tra Giorgione e Caravaggio” – seppur attraverso un caravaggismo “recitato” che si declina in una sorta di “enciclopedia del caravaggismo” – con una “mai sopita attenzione per il Guercino giovanile”, dotato di un “virtuosismo che gli consente ogni acrobazia“, capace ad un certo punto di “una sintesi di realismo, racconto e teatro“, Mattia Preti, nominato nel 1641 da Urbano VIII Cavaliere di Obbedienza dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, è egli stesso storia, fede e mito. Le sue opere si trovano ovunque: tante a Roma, tantissime a Napoli e tante altre, soprattutto, a Malta, ma anche a Londra, New York, Madrid, Bruxelles, San Francisco, Los Angeles, San Pietroburgo, Zurigo, Lucerna, Firenze, Palermo, Melbourne, Venezia, Milano, Siviglia, Manchester, Birmingham, ecc. Ma, come abbiamo detto, inaspettatamente molte sue opere si trovano proprio a Taverna. Per due volte si ritrae “armato” di spada e pennello. Uno di questi autoritratti si trova qui, nella chiesa di San Domenico ed è parte di un’imponente rappresentazione di San Giovanni Battista di quasi 3 metri per 2. L’altro autoritratto, acquistato originariamente dal principe Ferdinando de’ Medici, si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze. E’ in quest’opera che, secondo Sgarbi, “Preti punta all’essenza ed è indifferente alla morte“: “un’intera e lunghissima avventura pittorica si spegne e si consuma nello sguardo di un uomo che ha tradotto ogni emozione, ogni tormento, ogni entusiasmo, ogni dolore in immagini nelle quali si esprime il senso della vita”. Preti ha vissuto e lo ha fatto autenticamente, non ha paura della morte. Arrivato a Roma “squattrinato”, suo fratello Gregorio come maestro e “manager”, si è ritrovato infine a raggiungere le vette dell’arte e della fede. Una buona formazione letteraria, una predilezione per la scherma, secondo alcuni avrebbe addirittura oltrepassato il confine di questo simbolismo che lo ritrae da combattente, partecipando ad alcune missioni dell’esercito pontificio in Europa.

Di certo, Mattia Preti, con la sua tavolozza intensa, i suoi soggetti religiosi e mitologici, con la sua storia ed il suo attaccamento alla terra natia, ci parlano – almeno dovrebbero farlo – per raccontarci di una “calabresità” latente, potenziale ed esemplare che è profonda, potente e “mistica”, come la Calabria stessa.

Il “Cristo fulminante” nella “Visione di San Domenico”, Taverna (CZ)

Il dono alla chiesa di San Domenico della “Visione di San Domenico“, anche detto “Cristo fulminante” – una tela di quasi quattro metri per oltre due metri e mezzo, in cui il Cristo è raffigurato come “un atleta della fede” – è un vero e proprio atto d’amore che rifugge ogni banalizzazione e riassume tutto quanto abbiamo detto finora. “E’ il Cristo della Sistina il confronto possibile con il Cristo pretiano, la cui possente anatomia, lo scettro, la corona regale, il fascio di fulmini infuocati che stanno per essere scagliati sulla terra, sono l’evidente recupero di fondamentali tracce della mitologia greca, ben sedimentate nella cultura della Calabria ionica“. Un Cristo – spiega ancora Sgarbi – che appare quale “Giove vendicatore sconvolto dall’ira per la condotta degli uomini“, in un “dialogo tra terra e cielo” in cui “suprema mediatrice è la Vergine, che frena la violenza del Cristo e addita l’estatico e disarmato san Domenico”. E’ uomo d’altri tempi Mattia Preti. E’ uomo di patria e avventura, di ricerca e coraggio, di gloria e di fede. Ed anche in questa tela, in questa “rappresentazione mitologica” di Cristo, c’è tutto questo e c’è la Calabria, c’è la storia dell’Occidente e ci sono radici spirituali ancora evidentemente vive nel cristianesimo pretiano, così distante dalle moralistiche e sentimentali declinazioni contemporanee della fede cattolica.

Emmanuel Raffaele

2 risposte a "Ecco perché visitare Taverna e scoprire Mattia Preti, il “Cavalier calabrese” (ed ecco perché farlo proprio ora)"

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