
Nella foto c’è appunto il rivoluzionario bolscevico che arringa la folla, appena rientrato in Russia dopo il suo esilio in Svizzera, nel 1917.
A fare scalpore, però, una clamorosa “svista”: la celebre foto pubblicata è, infatti, la versione originale della foto, nella quale spicca, sul palco, Lev Trotsky, prima capo dell’Armata Rossa e poi dissidente e fermo oppositore di Stalin, per questo assassinato in Messico dai sicari del regime nel 1940. Fu proprio questo a costargli, oltre che la vita, la censura dalla memoria storica sovietica, inclusa la celebre foto in questione, dalla quale fu per sempre rimosso.
Storia vecchia? Non proprio. Dopo esser stati sommersi da commenti (prontamente cancellati) di trotskisti, i comunisti di Rizzo hanno pensato bene di metterci una toppa, cancellando di nuovo, maldestramente, la figura di Trotsky (per poi inserire, infine, una foto dalala prospettiva meno scomoda). Ancora oggi, evidentemente, il Partito Comunista rivendica gli stessi metodi di censura sovietica e l’assassinio politico come metodo di lotta.
E’ difficile, infatti, liquidare questa storia “solo” come diatriba ideologica. Oltre a confermare una predilezione per la falsificazione della storia, infatti, reiterare quella censura è praticamente un’apologia di quell’omicidio. Trotsky venne attaccato alle spalle da un incaricato di Stalin, mentre era in casa sua a Coyoacan con la moglie: una piccozza gli fracassò il cranio, ma si rialzò, tento di difendersi, chiamò le sue guardie del corpo e la moglie, per poi entrare in coma e moririe il giorno seguente.
Oggi Marco Rizzo, che pure fa simpatia a destra per le sue stoccate contro l’Unione Europea, ma che ancora pochi giorni fa citava Stalin, quella storia e quei metodi continua a rivendicarli.