Più della metà dei mussulmani inglesi, su una popolazione di circa 3 milioni, metterebbe fuori legge l’omosessualità. Il 39% pensa che la donna debba obbedire ai dettami del marito. Il 31% non disdegnerebbe la poligamia. Il 23% ammette che, dopo tutto, gli farebbe piacere fosse in vigore la sharia. Eppure, gli oltre mille intervistati face to face dal team di “The Sunday Times”, che ha pubblicato i risultati nell’ultima uscita con richiamo in prima pagina e l’analisi dell’esperto in materia Trevor Philips, ed a cui seguirà la divulgazione televisiva dell’inchiesta su Channel 4 mercoledì prossimo alle 22, dicono che stare nel Regno Unito non gli dispiace affatto (8 mussulmani su 10). Si sentono inglesi anche perché, spiegano, possono pregare, praticare liberamente il loro culto, andare in moschea, vestire da mussulmani godendo della massima libertà, spesso più che nei loro paesi di provenienza. Eppure appena il 30% di loro, 3 persone su 10, ha rapporti regolari con non-mussulmani suoi concittadini. Un altro 30% negli ultimi anni ha frequentato case non-mussulmane appena una volta l’anno. Uno su cinque non ci è mai entrato. Tra i mussulmani originari del Pakistan o del Bangladesh la percentuale di matrimonio misti è prossima allo zero. Circa la metà dei mussulmani, dopo tutto, è nata all’estero. Sono semplicemente una comunità diversa. E, infatti, “una significativa minoranza, preferirebbe vivere una vita distante dal resto di noi”, scrive Philips. Si tratta a tutti gli effetti, spiega, di “una nazione nella nazione, con la sua geografia, i suoi valori e il suo futuro del tutto separato dal nostro”: “un abisso aperto tra mussulmani e non mussulmani sulle questioni fondamentali, come il matrimonio, i rapporti fra uomini e donne, l’istruzione, la libertà d’espressione ed anche la legittimità della violenza in difesa della religione”. Un abisso che si allargherà, dal momento che a metà secolo, sottostimando le cifre, i mussulmani inglesi dovrebbero almeno raddoppia entro la metà del secolo. A Birmingham, la seconda città più popolosa della Gran Bretagna, con circa un milione di abitanti. Il 42% della popolazione non è di origine europea e i mussulmani sono ben 235mila. “Loro non vogliono adottare la gran parte del nostro stile di vita decadente”, scrive il Sunday Times concludendo: “l’integrazione dei mussulmani sarà probabilmente la più dura che abbiamo mai affrontato”. Bisogna agire. Eravamo convinti che facendoli entrare cambiassero, diventassero inglesi, e invece non è così automatico. Ammette il giornalista. C’è, evidentemente, qualcosa che va oltre il pezzo di carta. Qualcosa che non va in quella certificazione che ti chiama “inglese”, quando invece tu appartieni di fatto ad un’altra comunità. Una nazione nella nazione, appunto. Quando l’uomo e la sua burocrazia, le sue ideologie negano ciò che è naturale, non si creda che le carte possano sconfiggere l’essenziale territorialità e comunitarismo dell’uomo, che cerca qualcosa di più un legame “societario”, di una finta nazione senza identità. Non lo fanno neanche gli italiani. Nonostante il tempo, quasi sempre, rimangono italiani. Chi peggiore a causa del rancore verso la madrepatria, chi migliore. Il punto, infatti, non è, come superficialmente si potrebbe segnalare, la differenza di vedute su questioni pur fondamentali tra mussulmani e non mussulmani inglesi. E’ dal modernismo che si sentono distanti e questo, dopo tutto, non è un elemento correlabile unicamente all’identità religiosa mussulmana. Invece, valutazioni contenutistiche a parte, ciò che è rilevante è l’esistenza stessa di questo “abisso”. Qualunque sia la nostra identità, qualunque sia la loro, qualunque sia quella da ciascuno considerata più valida, le nostre identità rimangono e rimarranno, si sviluppano in maniera diversa perché fanno parte di contesti diversi. Questa è esattamente la dimostrazione che non esistono gli inglesi in generale come ci raccontano le carte, ma esistono gli inglesi bianchi, gli inglesi mussulmani e così via. E’ la dimostrazione di come il concetto di nazione, di cittadinanza, di comunità sia ormai falsato mentre rimane intatta la sostanza e fingiamo di non accorgercene a causa dell’ideologia ‘democratica’ che ne ignora le cause. D’altra parte, sottolinea il giornale inglese, oltre la metà dei bambini parte di minoranze etniche frequentano scuole dove i bianchi sono minoranza. In pratica le comunità originarie tendono a mantenersi come tali, per fattori non solo economici, dunque, ma ‘culturali’. Questo, molto più che il parere superficiale sulla legalità dell’omosessualità, dovrebbe preoccupare la Gran Bretagna e le altre nazioni europee.
Emmanuel Raffaele, 12 apr 2016
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