Papa Francesco contro l’ideologia gender: “No all’utopia del neutro. Si a cultura dell’identità e della differenza”

Particolare attenzione ha riservato ieri papa Francesco, nell’aprire la prima assemblea generale della rinnovata Pontificia Accademia per la Vita, all’ideologia gender, tema del resto già presente nella sua esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, che pure ha fatto infuriare alcune minoranze tradizinaliste. Ieri, nel suo discorso, che ha inaugurato la sessione “Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica” che si concluderà domani, il papa ha infatti ribadito con forza la sua posizione al riguardo: “L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta. Invece di contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana, si vuole cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona  e per le relazioni umane. Ma l’utopia del ‘neutro’ rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita“.

Un attacco chiaro, dunque, anche alla “manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà – mentre non lo è!”. Parole che non lasciano spazio all’interpretazione: nonostante il papa sia stato definito anche dai giornali stranieri come il “leader della sinistra mondiale”, nonostante i suoi discorsi siano oggi pubblicati da “il Manifesto, Jorge Mario Bergoglio non fa invece nessuna concessione alla sinistra sul tema del gender. Va bene contrastare una interpretazione sbagliata della differenza sessuale, ma non va bene ignorare quella differenza: no all’utopia del neutro. Un tuffo, l’ennesimo di papa Francesco, nell’attualità, che ormai propone quotidianamente la questione dell’abolizione del genere sessuale (dalla moda all’anagrafe) e sulla quale il vescovo di Roma pone il suo veto.

“Le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne”, ha affermato, “vanno definitivamente abbandonate. Un nuovo inizio dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza“. Nessuna reazionaria “concessione alla nostalgia e al lamento”, ha spiegato, ma una nuova “intesa degli uomini e delle donne sul senso della vita e sul cammino dei popoli“: “Insieme sono stati creati, nella loro differenza benedetta; insieme hanno peccato, per la loro presunzione di sostituirsi a Dio“. Secondo il papa, infatti (in una curiosa assonanza con le conclusioni del libro “Contro l’eroticamente corretto“, che pure in un paragrafo additava la cultura cristiana come co-responsabile dell’affermarsi del concetto di neutralità sessuale), l’aspirazione ad abolire la differenza sessuale non è altro che la conseguenza del “rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell’uomo — in quanto specie e in quanto individuo — rispetto alla realtà“. Interessante, d’altronde, anche la precisazione che ne segue: “Non si tratta, naturalmente, di negare o di ridurre la legittimità dell’aspirazione individuale alla qualità della vita e l’importanza delle risorse economiche e dei mezzi tecnici che possono favorirla. Tuttavia, non può essere passato sotto silenzio lo spregiudicato materialismo che caratterizza l’alleanza tra l’economia e la tecnica, e che tratta la vita come risorsa da sfruttare o da scartare in funzione del potere e del profitto”. Una “egolatria” fondata sull’incapacità, dunque, di farsi carico della realtà per quello che è e di farsi carico di se stessi, in nome di una cultura materialista che ci ha insegnato che possiamo comprare tutto, anche la nostra identità. Eppure – e qui sembra tornare il papa di sinistra – “in contraddizione con la propaganda di un benessere che si diffonderebbe automaticamente con l’ampliarsi del mercato, si allargano invece i territori della povertà e del conflitto, dello scarto e dell’abbandono, del risentimento e della disperazione”.

Nominato recentemente presidente dell’Accademia proprio da papa Francesco – che ha anche rinnovato i membri (non senza destare scandalo per la presenza di non cattolici e persino di atei) e abolito l’incarico vitalizio -, monsignor Vincenzo Paglia, nei giorni scorsi, proprio in riferimento al rinnovamento dell’Accademia, aveva definito il discorso del papa come “la sua carta magna, o comunque il suo nuovo indirizzo”. D’altronde, come abbiamo detto, già “Amoris Laetitia” conteneva un indirizzo preciso sul tema e non usava mezzi termini, innanzitutto chiamando le cose con il loro nome: “Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che «nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina.L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo» (Relatio finalis 2015). È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini. Non si deve ignorare che « sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare ».

Emmanuel Raffaele