Oltre 110mila immigrati sbarcati ad oggi, in Spagna meno di 10mila ma è già allarme

Ieri, due piccole imbarcazioni provenienti dall’Africa hanno raggiunto le coste spagnole nella provincia di Alicante (Arenal de Calp e Cala Les Palmeres de El Campello). Una ventina di persone in tutto sono state fermate dalla Guardia Civil. Nella provincia in questione, da inizio anno, sono giunte circa 34 imbarcazioni simili e 260 immigrati irregolari sono stati fermati. Nel 2016 erano state soltanto 14 le imbarcazioni fermate e poco meno di 130 i migranti fermati. Un aumento nella provincia alicantina che, del resto, riflette l’aumento fatto registrare già nel mese di agosto in tutto il Paese.

Secondo l’Organizzazione Mondiale per l’Immigrazione (Oim), infatti, nei primi sette mesi del 2017, in Spagna sono sbarcati il triplo dei migranti rispetto allo stesso periodo del 2016. Si stima, dunque, che gli arrivi, a fine anno, potranno superare quelli della Grecia. Percentuali che sembrano allarmare i media spagnoli, nonostante si tratti di cifre che, a confronto con l’Italia – dove secondo i media progressisti non è in corso nessuna invasione -, fanno “sorridere”. Gli arrivi triplicati in Spagna, infatti, hanno portato il numero dei migranti irregolari giunti nel 2017 a 8.385 persone (11.713 in Grecia); nello stesso periodo, in Italia, erano sbarcate 96.861 persone, cifra addirittura in calo rispetto al 2016 (-6,85%). Ad oggi la quantità degli arrivi è calata ancora, la diminuzione è drastica (-29,7%) ma i migranti arrivati sono nel frattempo 111.240 (158.164 nel 2016). Probabilmente non si supererà anche quest’anno il record di arrivi dell’anno precedente, come è accaduto anche nel 2016 (con 181.436mila arrivi complessivi), ma i numeri segnano tutt’altro che una normalizzazione della situazione, nonostante il governo canti vittoria ed il ministro Minniti raccolga critiche ed elogi per il suo operato.

I migranti arrivati fino ad oggi (oltre l’80% degli arrivi in Europa) provengono soprattutto da Nigeria (17.462), Guinea (9.361) e Costa d’Avorio (8.938). Seguono Bangladesh, Mali, Sudan, Senegal, Eritrea, Gambia, Marocco ed altri (31.262). Su oltre 110mila arrivi, meno di 11mila persone saranno trasferite negli altri paesi dell’Ue (tra questi, circa mille minori). Quasi tutti vengono dall’Eritrea, poi dalla Siria (poco meno di seicento. In altre parole, com’è ovvio sulla base degli accordi in vigore, ci teniamo i clandestini e ricollochiamo i veri rifugiati, che sono una minoranza rispetto a quelli che arrivano.

Insomma, nonostante la rotta per la Spagna sia più sicura (si attraversano Senegal, Mauritania e Maroco) rispetto a quella per l’Italia (che passa per il Mali e la Libia, con tutte le difficoltà che abbiamo raccontato). Perché? Fino a dieci anni fa, nell’unico Paese che ha frontiere terrestri con l’Africa (Ceuta e Melilla), ben 30mila clandestini sbarcavano solo nelle Isole Canarie. Poi è stato approntato un sistema, il Sive (Sistema Integrado de Vigilancia Exterior), gestito direttamente dalla Guardia Civil, per controllare ed intervenire prontamente sui flussi in entrata. Entrato in funzione nel 2002 ed in seguito implementato, è stato considerato uno dei fiori all’occhiello del controllo delle frontiere spagnole.

Ma, a questioni tecniche a parte, è evidente che in Spagna le cose funzionano meglio nella gestione complessiva del fenomeno e, nonostante l’immigrazione clandestina non sia reato penale, nonostante gli arrivi corrispondano ad una quota minima rispetto a quelli in Italia, le espulsioni sono più numerose anche in termini assoluti. Nel 2016 sono stati respinti alla frontiera addirittura 192.135 immigrati clandestini, sono stati scoperti sul territorio ben 37.295 irregolari, ben 27.845 hanno ricevuto un provvedimento di espulsione ed il 30% di questi provvedimenti è stato eseguito. In Italia, nel corso dello stesso anno, sono stati fermati 38.284 migranti “irregolari” ma più di 21mila non sono stati né allontanati dal territorio nazionale né rimpatriati. L’espulsione, del resto, non è automatica: per essere espulsi bisogna essere “pericolosi socialmente” e non basta essere clandestini. E, grazie al governo Berlusconi, l’accompagnamento fisico alla frontiera non esiste più, per cui l’allontanamento è volontario. E’ chiaro che c’è qualcosa che non va nella gestione del fenomeno, dimostrata dalla stessa terminologia con la quale viene raccontato: anziché di clandestini si deve obbligatoriamente parlare di richiedenti asilo e più che di espulsioni si deve parlare di accoglienza. Senza dubbio, ci si guadagna di più (seppure a spese degli italiani).

Emmanuel Raffaele

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