Fuori dall’attenzione mediatica, con una sentenza ‘controversa’, il giudice del Tribunale di Roma Silvia Albano ha, nei giorni scorsi, respinto il ricorso presentato dal movimento politico Forza Nuova contro Facebook, che ne aveva eliminato tutti gli account ufficiali sulla propria piattaforma.
Una sentenza che segue di circa due mesi quella con la quale un altro giudice del Tribunale di Roma, Stefania Garrisi, aveva invece accolto il ricorso di CasaPound Italia, altro movimento politico che si richiama abbastanza esplicitamente alla dottrina fascista e che, per questa ragione, aveva ricevuto da Facebook lo stesso trattamento.
Una questione interpretativa o di contenuto? E qual è il limite alla possibilità dei giudici di interpretare la legge fino a, eventualmente, cambiarla?

Dal testo integrale contenente le motivazioni della sentenza favorevole a CasaPound, si evince che le ragioni dell’accoglimento rispondevano innanzitutto ad un fatto incontrovertibile, già evidenziato proprio qui su Rivoluzione Romantica: come tutti i contratti tra privati, questi non possono andare contro la legge né, tanto meno, contro la Costituzione. Non è quindi vero che Facebook può fare quello che vuole, dal momento che ha innanzitutto il dovere di provare la violazione delle sue regole (cosa che puntualmente non fa) e, in secondo luogo, non può andare contro ai principi costituzionali nel fissare le proprie regole.
La sentenza infatti sottolineava testualmente come “FACEBOOK, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente. Il rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali costituisce per il soggetto FACEBOOK ad un tempo condizione e limite nel rapporto con gli utenti che chiedano l’accesso al proprio servizio”. Ecco perché la sentenza proseguiva osservando che: “In relazione a tale profilo il Tribunale osserva che non è possibile affermare la violazione delle regole contrattuali da parte dell’Associazione ricorrente solo perché dalla propria pagina sono stati promossi gli scopi dell’Associazione stessa, che opera legittimamente nel panorama politico italiano dal 2009″.
Per farla breve, esattamente come avevamo affermato, non è possibile censurare “due movimenti che si sono regolarmente presentate alle ultime elezioni politiche, contro le quali non esiste alcun decreto di scioglimento per motivi di ordine pubblico né condanna per ricostituzione del partito fascista”. Facebook non è una fonte di diritto indipendente e sovrana ed è altrettanto tenuta a rispettare i suoi utenti, soprattutto quando si tratta di utenti che usufruiscono di servizi a pagamento o rappresentano organizzazioni con un forte seguito la cui presenza sul web ha valore politico.
UNA INTERPRETAZIONE CHE LASCIA MOLTE PERPLESSITÀ
Ma, come abbiamo anticipato, l’interpretazione del giudice Albano nella sentenza contro Forza Nuova va in una direzione totalmente opposta e che lascia molte perplessità.
Il giudice Albano, infatti, nota: “Per utilizzare il Servizio Facebook, tutti gli utenti devono prima accettarne le Condizioni. Ciascun utente si impegna a ‘non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori’ e a non ‘pubblicare o eseguire azioni su Facebook che non rispettano i diritti di terzi o le leggi vigenti”. Tutto ciò permetterebbe a Facebook di rimuovere unilateralmente gli utenti senza ulteriori spiegazioni.
Facendo poi riferimenti ai contenuti pubblicati da Forza Nuova vengono riportati alcuni richiami espliciti al fascismo, sottolineando come questi contenuti violerebbero il regolamento di Facebook. In risposta poi al movimento ricorrente, che aveva tentato di far valere a suo favore l’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che garantisce la libertà di espressione, il giudice Garrisi segnala: “il ricorrente tenta di fuorviare l’art. 10 della Convenzione dalla sua vocazione utilizzando il suo diritto alla libertà di espressione per fini contrari alla lettera ed allo spirito della Convenzione. I predetti fini, se fossero tollerati, contribuirebbero alla distruzione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione”.

Ora, è evidente che la differenza tra le due sentenze non risponde soltanto ad una differenza nei contenuti pubblicati. Se nel caso di CasaPound il giudice ha ritenuto che Facebook non possa violare la Costituzione e che CasaPound, fino a prova contraria, non la abbia violata; nel secondo caso il giudice ha invece ignorato la legittimità dell’azione politica di Forza Nuova ed ha, soprattutto, fatto riferimento in primo luogo al regolamento di Facebook come unica fonte normativa di rilievo.
Una sentenza che, da un lato, sembra molto più politica che giuridica e lascia molti dubbi sulla mano libera concessa ad un privato nel censurare o non rispettare arbitrariamente le condizioni contrattuali ignorando la Costituzione, dall’altro potrebbe rispondere anche ad una strategia difensiva sbagliata.
Una risposta a "Forza Nuova perde contro Facebook, CasaPound vince: ecco perché"