In bici dall’Italia alla Spagna: la mia esperienza e i consigli pratici sul percorso [FOTO]

Nel post propedeutico a questo (Milano-Alicante in bici: 1600 chilometri per riflettere su un mondo “low-cost”) ho fatto cenno alla questione relativa all’appropriazione ed alla consapevolezza degli spazi, a quanto diventi importante in un tragitto simile il percorso più o, per lo meno, quanto l’arrivo. Perché nel calpestare, respirare, vivere le terre che attraversi, ne cogli davvero i mutamenti, la lontananza, il sudore di chi ha viaggiato e ha fondato, la magia di attraversare un confine e l’incubo di un mondo in cui non esistono più e tutto è identico, uguale, omologato, in breve, un insieme di non-luoghi equivalenti gli uni agli altri.

Allontanandoti dalla tua terra, al contrario di quanto accade viaggiando in aereo, percepisci in termini reali la distanza della tua famiglia e del tuo paese o, in ogni caso, dai luoghi che hai lasciato. E, soltanto così, apprezzi in pieno nel dinamismo delle differenze il valore del confine, nel diverso da noi il valore della scoperta. Non si può sognare di oltrepassare ogni confine, sognando al contempo di distruggerli. E forse anche il termine “integrazione”, tanto di moda nei salotti “buoni” e buonisti non è che un altro di quei termini in cui anneghiamo l’arroganza di voler annientare ciò che è differente per dar vita ad un mondo piatto, liscio, omogeneo, in cui noi bastiamo a noi stessi e non c’è nulla da scoprire perché non c’è più nulla di interessante che non siamo noi stessi.

In visita ad Arles: sulla sinistra l’arena romana

LA MIA ESPERIENZA: TOCCARE CON MANO LA GRANDEZZA DI ROMA
Nel corso di questi giorni in sella a una bici, ho apprezzato il variare dei paesaggi e della lingua. Ma c’è qualcosa che più di ogni altra cosa mi ha colpito ed è stata la sensazione di toccare con mano la grandezza di Roma. La diamo per scontata, la leggiamo sui libri, la vediamo nei monumenti delle nostre città. Ma non si percepisce nella sua concretezza finché non vedi con i tuoi occhi, al di fuori dal tuo Paese, le innumerevoli testimonianze del suo passaggio, del suo andare oltre e ti sembra di rivedere, in parallelo rispetto al tuo allontanarti dal punto di partenza, lo sforzo e la vastità della conquista e del suo contributo al mondo. E’ in quei momenti che l’identità diventa marmo e sangue. La tua identità è in quelle pietre perché in quelle pietre c’è il passato del tuo popolo. Lo sai istintivamente come sai che quella è la tua storia.

Narbona, prima figlia di Roma al di fuori dell’Italia (118 a.C.) è la scritta che ti accoglie proprio all’ingresso della città francese, che in  vario modo prova a far rivivere quel mito. Tarragona, “città dei monumenti romani” si legge in un manifesto d’epoca dedicato alla città spagnola. Ovunque segni di quel passato. A Frejus, poco dopo aver attraversato il confine italo-francese, accanto ad un anfiteatro romano del I sec. a.C., un cartello ricorda le “testimonianze culturali lasciate in eredità dall’Impero Romano”. Poco distante, all’interno della cosiddetta Villa Aureliana (costruzione moderna così denominata per via della vicina strada che dall’Italia portava alla Spagna, costruita sempre dai romani), è possibile ammirare alcune arcate residue dell’antico acquedotto romano. L’impero non era solo cultura.

Qualche giorno dopo Frejus capito ad Arles. Un giro in centro appena arrivato e scopro, a pochi passi dall’antico anfiteatro, la meravigliosa arena romana (80 d.C) da 21mila spettatori, che Van Gogh riprende in un dipinto durante una corrida (pare sia la più antica “plaza de toros” al mondo) e che mi sorprende, nella sua magnificenza rispetto al piccolo centro, con la comprensione visiva e reale di quanto Roma abbia dato al mondo, non limitandosi a conquistare, dando invece al mondo ponti, acquedotti, teatri, civiltà, costruendo un mondo a sua immagine anche in posti sperduti e lontani da Roma. L’impero era un mondo da costruire, un mondo migliore e Roma era davvero la luce, come spiega Boris Johnson (attuale ministro degli Esteri inglesi) nel suo libro “Il sogno di Roma”. La dove c’era arretratezza, una vita tribale, Roma portava il diritto, la vita, l’igiene, la cultura, il dovere, la vittoria e la grandezza. Non è possibile attraversare tutto questo come se niente fosse e non è possibile non avvertire quell’orgoglio per una stirpe che è stata avanguardia e faro dell’umanità. Ed ecco ancora l’importanza delle identità e dei confini che ritorna. Ma anche la consapevolezza di una civiltà europea fatta di popoli fratelli, di una fratellanza spirituale ed etnica, che non per forza deve rappresentare una realtà politica unitaria in blocco, ma che esiste. Perché l’Europa è il nostro mondo, le nostre origini del nostro popolo.

E, certo, tutto questo è soltanto la premessa prima di dirvi qualcosa in più sul percorso, ma davvero non avrebbe avuto senso limitarmi a farlo freddamente, trascurando le emozioni che un percorso simile ti può regalare e che, altrimenti, rimarrebbe privo di significato. Il mondo piatto, sterilizzato e de-costruito di significati non è il mondo che mi interessa. Ora, quindi, veniamo pure al percorso ed a qualche consiglio preliminare rivolto ovviamente ad amatori inesperti ed esordienti come me, non certo a professionisti della bici e del “cicloturismo”.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI: COSA VI SERVE E COSA PORTARE
Innanzitutto, la bici. Io ho preso una comune mountain bike e ci ho speso anche piuttosto poco (duecento euro) ma non sarebbe male, se si punta a fare tanti chilometri, una bici che consenta di accelerare un po’ il passo. Ad ogni modo, è opportuno che sia almeno dotata di ammortizzatori, altrimenti la schiena ne risentirebbe troppo. In secondo luogo, non fate l’errore che avevo commesso io inizialmente: se volete portarvi uno zaino (quelli da trekking sono dotati di uno schienale non male come protezione in caso di cadute) lasciatelo semi-vuoto (ed è bene che sia dotato di copertura in caso di pioggia), non solo per limitare lo sforzo complessivo ma anche per ridurre l’impatto della pressione del busto sulla sella. Per il resto, basterà farvi montare un portapacchi posteriore e poi comprare una o meglio due (per questioni di equilibrio) di quelle borse da attaccare al portapacchi. Funzionano ad incastro ed è facilissimo montarle e smontarle. Ci sono anche quelle per la ruota anteriore, ma sarà meglio ridurre al minimo il peso da portare.

Non sottovalutate l’importanza di un buon paio di pantaloncini da ciclista e, se dovete farlo, risparmiate su tutto tranne che su questo: sarà impossibile proseguire, se stare seduti sulla sella vi provoca dolore o fastidio. Vi assicuro che, dopo ore di pedalate, un pantaloncino non sufficientemente protettivo, costituirà un grosso impedimento. Se volete misurarvi sulla lunga distanza portare poche robe da indossare: due t-shirt (magari traspiranti), un pile poco ingombrante, un solo paio di scarpe (quelle che indosserete) e non dimenticate un asciugamano preferibilmente in microfibra (è più leggero ed occupa meno spazio). Ovviamente, se volete mantenervi leggeri, sarà più facile scegliere una stagione calda (le cose da lavare si asciugheranno anche prima). In ogni caso, non dimenticate un poncho impermeabile per proteggervi il più possibile in caso di pioggia. In caso di forature, portate con voi almeno due o tre camere d’aria di riserva e il minimo indispensabile per sostituirla in fretta (ed eventualmente per regolare freni, sella o manubrio). Un kit per la riparazione delle forature non fa male, anche perché se ne trovano in versione portatile, molto leggeri, in caso di emergenza.

Mi raccomando all’altezza della sella: se non vi permetterà di stendere per bene le gambe, a lungo andare il ginocchio vi farà male e potreste procurarvi seri danni. Ovviamente, a meno che non vogliate dormire in ostelli e hotel (il che affievolirebbe un po’ il lato “on the road” del viaggio), vi servirà una tenda da campeggio. Quelle stile Decathlon che si montano da sole sono molto comode da trasportare in auto ma, a causa della loro forma circolare piuttosto ingombrante, non molto adatte ai viaggi in bici. Meglio una tenda classica, se ne trovano davvero di leggere e facili da montare. Se viaggiate in estate, potreste risparmiarvi anche molto dell’ingombro del sacco a pelo prendendone uno più leggero. Super consigliato, invece, procurarvi un materassino auto-gonfiante che, se necessario, è possibile gonfiare a bocca in pochi secondi. Prende meno spazio del classico stoino e vi farà dormire molto più comodamente: la vostra schiena ringrazierà. Anche i cuscini gonfiabili si trovano a prezzi molto bassi: peso praticamente zero e ingombro nullo. Se volete risparmiare sul cibo, è invece possibile trovare dei mini fornelli direttamente collegati ad una piccola bombola a gas e padelle richiudibili ma, chiaramente, l’autonomia non è molto lunga e potreste essere costretti a perder tempo a cercare di volta in volta le ricariche e fare la spesa. Quanto agli integratori, non è una cattiva idea prenderli se volete percorrere molti chilometri ogni giorno. Io ho usato i Friliver: ce ne sono di diverso tipo ma quelli “Explosion”, in particolare, sono molto adatti ad aiutarvi nello sforzo muscolare; quelli “Rebalance” a reintegrare i sali minerali persi. Quanto meno quelli utili a reintegrare i sali minerali, potassio e magnesio, sono molto importanti e ne trovate di tantissime marche. Ovviamente non dimenticate caschetto, guantini, una lampada/torcia, una crema solare, cerotti e disinfettante.

Suggerimento personale: non fatevi mancare un buon libro (leggero) ed una macchina fotografica. La solitudine sarà una bella esperienza di scoperta e osservazione interiore ed esteriore.

DUE PAROLE SULLA SCELTA DEL PERCORSO
Premesso che, per motivi pratici legati all’autonomia della batteria e variabili varie, probabilmente non potrete fare affidamento totale su telefono ed internet per trovare il percorso; e premesso anche che ci sono comunque altri sistemi adatti per poterlo seguire comodamente, confesso che io ho preferito (e consiglio) non avere troppe certezze da questo punto di vista. A volte è stato quasi esasperante fare chilometri in più per trovare la strada giusta, tornare indietro, perdere ore intere magari per una indicazione sbagliata. Ma è stata una scelta di cui non mi pento, perché anche il rischio di sbagliare faceva parte del gioco ed ecco perché non andrò troppo nei dettagli. Ovviamente il percorso fatto vi potrebbe essere utile solo in parte. Io ho fatto più di cento chilometri al giorno, che per un amatore non sono per niente pochi, considerate le salite e i tempi di recupero. Questa scelta mi ha portato a percorrere 1600 chilometri circa in 15 giorni, ma non è una scelta che consiglio ad un amatore. Potreste scegliere un percorso più breve che vi permette qualche sosta in più o potreste scegliere di metterci più tempo, tutto questo è molto soggettivo e dipende da cosa cercate. Di sicuro, vi consiglio di partire con le idee chiare su questo aspetto: se la vostra priorità è l’aspetto “cicloturistico” non fate più di 50 km al giorno o non vi godrete l’esperienza. E fissatevi, quindi, a priori le tappe in cui vorreste fermarvi. Io mi ero limitato a stamparmi una mappa delle zone da attraversare, ma non sapevo con precisione che strade avrei dovuto prendere.

L’ITINERARIO NEI DETTAGLI
La mia prima tappa è stata Milano-Genova Voltri. Sono circa 150 km e non è stato semplice ma il primo giorno mi ero imposto di arrivare sul mare: quello sarebbe stato l’inizio simbolico del mio viaggio che, soltanto idealmente – come avrei poi scoperto -, avrebbe dovuto seguire la costa dei tre paesi fino a destinazione. La tappa, fatta così, è molto dura perché, una volta percorsa per oltre cento chilometri la pianura Padana (segnaletica non ottimale, tante strade provinciali e cambi di direzione da fare – vi consiglio di appuntarvi almeno i paesi da attraversare) fino ad arrivare in Piemonte, dopo aver superato Ovada, c’è da oltrepassare il passo del Turchino, a circa 5/600 metri di altitudine. Sono parecchi chilometri di lunghe salite che vanno a scavalcare la catena appenninica e che vi porteranno poi, attraverso una lunga discesa che – più di ogni altra tratta – non vi consiglio di fare di sera (zero illuminazione e tante curve a gomito), a Genova Voltri. Arrivati sulla Strada Statale, l’Aurelia, basterà imboccarla e, naturalmente col mare alla vostra sinistra, proseguire in direzione Ventimiglia. Tornando alla partenza, da Milano sarà invece sufficiente seguire il Naviglio Pavese in direzione Rozzano fino a Binasco e poi proseguire fino a Garlasco e di lì a scendere giù fino ad Ovada. Sconsigliato, come ho fatto io, arrivare fino a Pavia e poi dover tagliare in orizzontale fino a Garlasco facendo 20/30 km in più. Quindi, occhio intorno a Binasco a non sbagliare direzione ed evitare Pavia.

Per recuperare un po’ di forze dopo la super-tappa del primo giorno, il secondo ho pedalato “soltanto” per 70/80 km fino ad Albenga, passando ovviamente per Savona come tappa intermedia. Anche se avete superato il Turchino, non fatevi illusioni: fino in Francia e per un po’ anche dopo, la Liguria vi regalerà tantissime salite e discese. L’aspetto positivo è che il percorso è il più semplice possibile e, spesso, vista mare, tranne per alcuni chilometri di galleria prima di Sanremo, con quella che è però una lunga e piacevole pista ciclabile che vi porterà molto dopo la città dei fiori per poi costringervi a riprendere l’Aurelia a fine percorso; basterà seguire la strada. L’ho incontrata il terzo giorno, pedalando finalmente in direzione Ventimiglia, fino a salire su per raggiungere il confine con la Francia: qui, arrivati  a un bivio dopo il tunnel e la salita, le indicazioni vi guideranno verso due diversi attraversamenti, scegliete tranquillamente l’opzione di sinistra, in discesa, che vi porterà direttamente sul lungomare di Mentone, primo comune francese che incontrerete. Superato Mentone, la strada prosegue ancora “dritta” ma non senza ripide salite e discese. Pedalando svelti, non ci metterete molto a raggiungere Monaco. E’ poco dopo Monaco, a Eza, che ho sostato il terzo giorno. La difficoltà della zona, al contrario della Liguria (dotata comunque di campeggi piccoli e spesso pieni) sarà quella di trovare campeggi. Io ho rischiato un po’ dormendo in spiaggia. Se riuscite, appena arrivati in Francia, provate a capire prima dove arrivare e dove sostare.

Arrivati a Nizza vi godrete finalmente un bel po’ di pista ciclabile sul mare ed un percorso pianeggiante fino a Cannes, poi ricominciano le salite fino a Frejus a cui potrete arrivare sia dal mare che dall’interno. Io vi suggerisco, per semplicità e bellezza dei paesaggi, la strada costiera, che sarà quasi immediato imboccare superando Cannes. Frejus è una cittadina sul mare che sale poi fino collina, dove si trovano parecchi campeggi. Qui ho sostato il quarto giorno vista la comodità di imboccare proprio dalla collina la strada nazionale per Les Arcs-sur-Argens in direzione Brignoles e, poi, Aix-en-Provence. Proseguire sulla costa e attraversare Marsiglia, vi farebbe allungare di parecchi chilometri il percorso se la vostra meta o una vostra tappa non si trova da quelle parti. Da Frejus ad Aix-en-Provence sono circa 120 km, il percorso è indicato molto bene se avete annotato le città intermedie da attraversare (ma potrebbe bastarvi anche solo annotare queste già nominate) e le salite, seppur in alcuni casi molto lunghe, non sono molto ripide. Sarà certamente un percorso più monotono e solitario, però, di quello fatto finora. In generale, sarà così su tutte le strade statali che prenderete.

Da Aix-en-Provence, che è una sosta non male per una visita turistica, si arriva poi ad Arles  (altro posto in cui vale la pena fare un giro) attraverso una strada nazionale che solo all’inizio è un po’ in salita e a scorrimento molto veloce. Poi comincerà una tranquilla strada di campagna e, infine, un lungo rettilineo dotato di una sorta di percorso ciclabile che vi porterà fino a St Martin. Da lì l’accesso alla nazionale per le bici è vietato e dovrete attraversare il paese e trovare la strada per Arles, comunque ormai poco distante. Da Arles proseguirete poi molto facilmente in direzione mare ed anche qui tanta pianura che vi farà riprendere un po’ fiato. Rivedrete l’azzurro più o meno a La Grande-Motte, dopo aver preso la strada per Saintes-Maries-de-la-Mer, ma senza doverci arrivare, visto che ad un certo punto svolterete in direzione Aigues-Mortes. Attenti a trovare la strada in uscita da Arles, dal momento che non prosegue sulla nazionale dalla quale siete arrivati. Una volta trovata quella, che inizia con una pista ciclabile nei pressi di una statale, sarà tutto molto semplice.

Arrivati a La Grande-Motte troverete un panorama costiero un po’ particolare e confuso. Non sarà molto semplice seguire la costa. Seguite le indicazioni per Sete, attraversando Mireval e Frontignan, e a un certo punto troverete una pista ciclabile che vi porterà fino ad Agde. Seguire la costa come ho fatto io fino a Groissant potrebbe portarvi qualche difficoltà: non sempre i paesini costieri sono ben collegati in questa tratta, tanto che poi, da Groissant, sono rientrato all’interno fino a Narbona per imboccare la nazionale in direzione Perpignano. Dopo Agde, quindi, magari evitate pure la costa e proseguite direttamente per Narbona, senza arrivare a Valras Plage, attraversando Portiragnes e Serignan. Da Narbona a Perpignano non avrete grossi problemi di percorso. La strada sarà di nuovo un po’ collinare ma tutto sommato dritta. Una decina di chilometri prima di Perpignano la nazionale non è più accessibile alle bici. Vi ritroverete in una rotonda e non potrete prendere nessuna uscita tranne quella che sembra (ed in effetti è) una stradina interna. Attraverso questa stradina troverete una lunghissima pista ciclabile che vi porterà sulla costa in direzione Le Barcàres per poi, arrivati sul mare, proseguire per Torreilles, Sainte-Marie, Canet-en-Roussillon, Saint Cyprien e Argelès-sur-mer.

Vi converrà, infatti, attraversare il confine con la Spagna procedendo da qui, per evitare di doverci entrare ad altitudini più impegnative anche se, in ogni caso, proseguendo per la strada costiera che, dopo Argelès, continua per Collioure, Port-Vendres, Banyuls e Cerbère, non sarà comunque una passeggiata. Il confine arriverà dopo lunghe e ripetute salite, segnalato soltanto da un cartello che, a un certo punto della discesa, segnala: “Spagna“. Poco dopo, a valle, vi ritroverete a Portbou, un piccolissimo paese tra le montagne. Dovrete salire ancora un po’ per arrivare, dopo aver superato Collera (secondo paese che incontrerete dopo il confine e dove troverete i primi due campeggi) a Llancà e poi ritornare all’interno (la costa fa allungare e non è molto praticabile) fino a Figueres e poi Girona. Lì inizia la strada nazionale per Barcellona, dalla quale ad un certo punto sarete costretti ad uscire per prendere alcune vie di servizio. Il consiglio è continuare fino all’uscita per Lloret de mar. Qui, ritornando finalmente sul mare dopo ore di nazionale noiosissima, si è conclusa la mia decima tappa.

Il giorno dopo la strada è proseguita, passando per Blanes, e poi continuando sulla costa fino a Barcellona. Qualche difficoltà l’avrete a trovare la strada per continuare in direzione Sitges, perché la nazionale all’imbocco non è percorribile in bici. E’ qui che ho sostato per proseguire il giorno dopo, paese dopo paese e attraversando ad un certo punto la bellissima Tarragona, fino a L’Ampolla. Dopo Tarragona, è necessario andare verso la costa, verso la Platja de la Pineda per poi attraversare, sul mare, Salou e Cambrils. A un certo punto dovrete riprendere la nazionale e fare un lungo e semi-deserto tratto interno passando per El Perellò. Dopo L’Ampolla rimarrete per un po’ all’interno, in direzione Vinaròs. Sarete sulla nazionale per un bel po’, poche aree di servizio quindi provvedete per acqua e quant’altro. Arrivati nei pressi di Benicassim, consiglio di proseguire “por la costa” fino a Valencia. Dopo Valencia la nazionale per Alicante parte con una serie di vie di servizio. Google Maps vi suggerirà di andare per le montagne, ma il percorso è molto ripido anche se circa 50 km più breve. Andando per la costa farete comunque un bel po’ di salite fino a Calp (per un breve tratto, anche da qui la nazionale vi farà tagliare la costa) ma è sicuramente più fattibile. Io ho optato, appunto, per la costa, ma senza imboccare subito la nazionale e andando invece da Valencia in direzione Saler per strade locali e fino a Cullera. Dopo di che ho imboccato la nazionale N-332 che porta dritti fino ad Alicante.

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