Da giorni, faziosi di destra e sinistra sparano a zero contro l’intesa tra Lega e Movimento 5 Stelle, senza timore alcuno di contraddirsi: del resto, la loro è pura, pessima e disgustosa strategia. Ma è uno spettacolo vederli. Tutti lì, a sproloquiare sulle coperture, a fare (male) i conti e a criticare ancora prima che progetti di legge e coperture reali vengano presentate. Tutti a digiuno di sovranità nazionale, a ricordarci che mamma Europa non vuole, che i bimbi cattivi non devono governare. Ed è uno spettacolo vedere la sinistra, un tempo almeno nominalmente dalla parte dei lavoratori, tirare fuori ancora lo spread, ovviamente e puntualmente in risalita, e mettere in guardia gli “elettori” da un governo giallo-verde, contro il “parere dei mercati”. Pur di ostacolare la sovranità popolare, si inventerebbero qualsiasi cosa.
E, tra i più attivi in questo senso, c’è sicuramente il presidente della Repubblica Mattarella, finora non pervenuto, assente mentre il debito continuava a salire, notarile e invisibile quanto mai nessuno prima di lui, tirato fuori dal nulla e piazzato al Quirinale di peso, ma ora deciso a fare la voce grossa, dettare la linea di governo e imporre veti sulla scelta dei ministri. Tra le sue uscite più simpatiche – giunta paradossalmente dopo la minaccia di dar vita ad un governo del presidente, di tregua, di transizione e chi più ne ha più ne metta, farcito di tecnici di provata fede europeista – c’è senza dubbio quella in cui ha ricordato (forse a se stesso) che, secondo l’art. 95 della Costituzione, il premier “non è una comparsa”. Non deve essere teleguidato insomma. Ma pare non valga se a teleguidarlo è lui, l’Europa o qualche banca per conto loro. Pare che, nel mondo alla rovescia che ci vorrebbero ancora propinare, illegittimo sia difendere l’interesse nazionale e la propria indipendenza, non il contrario.
Deciso ad impedire che l’Italia non si riappropri della sua sovranità, deve essersi perso qualcosa sul concetto di Stato.
ECCO PERCHE’ CONTE NON C’ENTRA NULLA CON MONTI
E venendo al nome del premier proposto ieri, finalmente, da Lega e M5S, fa sorridere il paragone tra Giuseppe Conte e Mario Monti. Lo hanno azzardato in molti, tra i giornalisti, ad esempio, Sallusti, che già nei giorni scorsi si infuriava: “un assoluto sconosciuto, un professore inesperto, l’ennesimo premier non eletto, un professore come Monti, una via di mezzo tra un tecnico e un dilettante, tra Monti e la Raggi, un dipendente della Casaleggio Associati, una marionetta”. Con degli “sconosciuti privi di legittimazione popolare, esperienza politica e autorevolezza internazionale”, questo sarà secondo lui un “governo di Scherzi a parte”.
Abituati alle campagne acquisti berlusconiane, nel centrodestra non riescono a capacitarsi del fatto che un governo si possa costruire sui programmi e sui progetti, che se ne discuta a lungo più di quanto non si discuta sulla compravendita delle poltrone. Quasi che un governo espressione di un programma messo in campo – per ammissione stessa di tutti i suoi oppositori – da due forze “populiste”, dai due partiti più votati, con un governo politico, con un premier che già da tempo collabora con il M5S, possa essere paragonato al bocconiano-economicista ben visto dai poteri forti, benedetto dall’Europa e cooptato dall’ex presidente Napolitano, senza nessuna relazione politica coi partiti, con la maggioranza eletta all’epoca e nel contesto di una larga intesa fatta di cambi di casacca. E’ chiaro che mentono sapendo di mentire. E dovrebbe essere chiaro a tutti, a questo punto, che il centrodestra come il centrosinistra sono davvero in putrefazione. L’uno affoga nel caos, l’altro è appeso al cadavere politico di Berlusconi, sempre più maschera di se stesso e sempre più lontano da ciò che lo aveva portato alla ribalta, costretto a porsi come garante dell’Europa nell’ultimo vano tentativo di riciclarsi. Se Salvini non avesse fatto il governo, l’avrebbe avuta vinta e lui stessi ci avrebbe fatto una pessima figura.
Quanto a Fratelli d’Italia, che ha fatto sapere che non ha al momento intenzione di dare la fiducia al nascente governo ed ha avallato il paragone tra Conte e Monti, si può soltanto evitare ogni commento e stendere un velo pietoso. La destra in Italia è semplicemente nauseante.
Senza parlare di quelli che hanno sostenuto Berlusconi in quanto outsider, diverso dai politici di professione e imprenditore capace, e che ora hanno il coraggio di sparare a zero contro uno col curriculum da fare invidia, con una formazione internazionale, accademico e professionista, con ruoli istituzionali di rilievo, perché non ha mai fatto politica (!).
CHI E’ GIUSEPPE CONTE, PREMIER DI LEGA E M5S
Nato a Volturata Appula in provincia di Foggia, avvocato civilista e insegnante di diritto, 54 anni, nominato nel 2013 dal Parlamento come componente del Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa, laureatosi in Giurisprudenza nell’88 alla Sapienza, studi a Yale ed alla Sorbona, docente all’Università di Firenze e alla Luiss, titolare di un importante sudio legale, avvocato patrocinante in cassazione, nel suo intervento programmatico per l’eventuale ruolo di ministro Giuseppe Conte si era concentrato sul taglio delle leggi inutili, la lotta alla “ipertrofia normativa” e la semplificazione di un quadro definito “farraginoso”, tutto ciò nell’ottica di un avvicinamento al cittadino. Se la legge non ammette ignoranza, aveva spiegato, è anche vero che la legge deve essere chiara e comprensibile per tutti, altrimenti anche quell’antico principio di diritto romano perde di legittimità.
AMICI E NEMICI: QUANDO LA DEMOCRAZIA DISTURBA
In merito, il giurista di sinistra Zagrebelsky ha osservato: “Sembra si stia configurando un governo a composizione e contenuti predeterminati, totalmente estranei al Parlamento e al presidente della Repubblica”. “Lui non è un notaio”, ha aggiunto, profilando così un ampliamento dei poteri del presidente della Repubblica che è esattamente l’opposto dell’ampliamento del potere popolare e, in qualche modo, anche parlamentare. E presentando un programma di governo come fosse un’assurdità senza precedenti. “Una partitocrazia finora mai vista”, ha detto. Ed era serio.
Sul “Foglio”, Claudio Cerasa ha fatto allusione ad una “democrazia rappresentativa schiaffeggiata a colpi di democrazia diretta” e al “silenzio delle istituzioni sulla cultura del sospetto iscritta in un contratto di governo“. In pratica, da una parte il piacevole urlo di dolore della casta che non rappresenta più nessuno e viene schiaffeggiata dal popolo, dall’altra l’ennesima strana allusione ad un accordo di governo come un qualcosa di estraneo alla politica, strano, incomprensibile. Osservazioni chiaramente strumentali.
Nel frattempo Steve Bannon, ex stratega di Donald Trump, ha annunciato la sua visita a Salvini in settimana e la leader del Front National francese Marine Le Pen ha festeggiato la probabile entrata nel governo del suo alleato – il quale dovrebbe avere il ministero dell’Interno e potrà occuparsi da vicino del tema immigrazione. Intanto il leader del Carroccio ha dichiarato: “Io sono civile, educato e rispettoso, ma basta: di precarietà di muore, di tagli si muore, di austerità si muore, di immigrati fuori controllo si muore, di vincoli europei si muore. Come è possibile farsi dare minacce e ordini da chi ha portato l’Italia al massimo della precarietà, cioè a un debito pubblico che è aumentato di 300 miliardi di euro? Come possono dare consigli agli italiani queste persone? Basta. Servono umiltà, lealtà, coerenza cuore, e libertà dai vincoli. Non ho paura di niente e di nessuno, bisogna fare poche cose e fare bene, sempre con l’interesse degli italiani davanti a tutto. Servirà la libertà di andare a Bruxelles, Berlino o Parigi e dire dei no, questo fa male agli italiani. Troppi sì ci hanno fatto ingoiare, troppi signor sì ma ora servi assolutamente no”. Saranno queste premesse
E già si fanno sentire le prime reazioni, con il capo dei popolari europei che si è detto preoccupato: “spero che le persone finiscano per rendersi conto che il populismo diffonde molte bugie e non offre nessuna risposta costruttiva”. Commento subito rispedito al mittente da Salvini.
COSA C’E’ NEL CONTRATTO DI GOVERNO
Il governo giallo-verde, dunque, ha un buon potenziale ma, naturalmente, non saremo mai altrettanto faziosi da dire che faranno certamente bene. Staremo a vedere. Quello che è certo è che, nello scenario politico attuale, in cui c’è poco da fidarsi di tutti gli attori in campo, fin dall’inizio l’opzione pur improbabile Lega-M5S era l’unica interessante e potenzialmente “rivoluzionaria”. Le diversità “ontologiche” sono minori di quanto si pensi e quelle che ci sono, possono garantire un buon equilibrio e controllo reciproco tra due forze con una base ampia e partecipativa nonostante la leadership forte. D’altro canto, entrambi i leader si sono infine dimostrati equilibrati ma decisi al punto giusto. Potevano mettere la bandiera prima di tutto, ma hanno invece costruito un progetto e, dimostrando maturità, non sono stati lì a urlare slogan contro l’Europa a vanvera, al contrario.
Quella che in questi anni di politica anonima è mancata, una visione, sembra invece scaturire proprio da questa intesa. E lo hanno sottolineato sia Di Maio che Salvini: basta austerity, che non vuol dire spese folli ma riforme e investimenti per cambiare, con tagli là dove serve. L’approccio all’economia, al sociale e alla sovranità nazionale è del tutto diverso. C’è maggiore attenzione ai lavoratori, c’è il salario minimo, c’è una sorta di reddito di cittadinanza contro l’indigenza, c’è la cancellazione della legge Fornero sulle pensioni, il riordino del welfare e dei centri per l’impiego, ma anche la priorità nazionale, l’accordo sull’essere più incisivi in Europa e, soprattutto, c’è un paragrafo che da solo vale tutto il contratto: “IMMIGRAZIONE: RIMPATRI E STOP AL BUSINESS“.
E poi ancora il taglio dei parlamentari, gli sgomberi delle migliaia di occupazioni abusive (che favoriscono le situazioni di clandestinità e la formazione di ghetti), la lotta alla mafia.
Dopo tutti gli scempi fatti, se solo pochi punti del contratto venissero davvero portati avanti – tema immigrazione in primis – ne varrebbe comunque la pena. C’è – e in pochi l’hanno fatto notare – il divieto di appartenere alla massoneria per i membri del governo. C’è una maggiore attenzione contro la corruzione e i reati violenti, c’è l’acqua pubblica, l’intenzione di far valere in Europa le esigenze del settore agricolo italiano (“sovranità alimentare” e “made in Italy”), c’è la green economy e c’è, appunto, questo: “L’azione di Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di ricette basate su tasse e austerità, politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo, bensì per il tramite della crescita del PIL, attraverso la ripartenza della domanda interna e con investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie. Al fine di consolidare la crescita e lo sviluppo del Paese riteniamo necessario scorporare la spesa per investimenti pubblici dal deficit corrente in bilancio, come annunciato più volte dalla Commissione europea e mai effettivamente e completamente applicato”.
Quanto alla politica estera, un principio essenziale viene affermato: “L’impegno è realizzare una politica estera che si basi sulla centralità dell’interesse nazionale e sul principio di non ingerenza negli affari interni dei singoli Stati“. E, pur nel contesto di una ovvia conferma dell’Alleanza Atlantica, si spinge per una “apertura alla Russia, da percepirsi non come una minaccia ma quale partner economico e commerciale” e per “il ritiro immediato delle sanzioni imposte alla Russia, da riabilitarsi come interlocutore strategico al fine della risoluzione delle crisi regionali (Siria, Libia, Yemen)“. “Non costituendo la Russia una minaccia militare, ma un potenziale partner per la Nato e per l’UE, è nel Mediterraneo che si addensano più fattori di instabilità quali: estremismo islamico, flussi migratori incontrollati, con conseguenti tensioni tra le potenze regionali”, è ribadito ancora nel paragrafo “Difesa” del contratto.
Poi c’è la riduzione drastica del carico tributario con le due aliquote per la flat tax, l’obiettivo “grandi” evasori, la lotta contro l’approccio vessatorio nei confronti dei cittadini, l’estensione della legittima difesa per evitare le ridicole e ingiuste condanne contro chi subisce rapine e furti e poi si vede punti o per aver reagito.
Insomma, buona la prima. Ora stiamo a vedere.
Emmanuel Raffaele Maraziti
Molti percepiscono questo governo come il governo del cambiamento… io ho una visione più pessimista. L’elezione di lega e cinque stelle, secondo me, non sono un cambiamento ma la continuazione della tendenza nella politica italiana alla demagogia. Prima con Craxi negli anni 80 che ha messo le basi per il pantano del debito. Poi Berlusconi che, per uscire dai suoi guai giudiziari, ha proposto una ricetta magica di liberalizzazione e spese folli che hanno fatto sprofondare ancora di più il governo nel pantano . Mentre lui mostrava un falso benessere attraverso i suoi canali di mediaset, il cappio si stringeva sempre di più attorno al collo italiano. Quando le balle della politica fraudolenta di Berlusconi divennero insostenibili, è iniziata la spirale dei governi tecnici, che fecero quello che nessun politico aveva il coraggio di fare, ovvero tagliare la spesa pubblica! Una spesa pubblica che per troppo tempo era stata usata dai politici per guadagnare consenso, creando un’illusione di benessere. E adesso questo governo del “cambiamento”, che però sembra basarsi sulla stessa strategia della demagogia come è da troppo tempo tradizione italiana. Flat tax e reddito di cittadinanza, ridurre le tasse e aumentare la spesa pubblica contemporaneamente, suona familiare? A me sembra lo stesso tipo di politica fraudolenta e surrealista che ha portato l’Italia nel pantano paludoso del debito. Nonostante ciò l’elezione di questi due nuovi partiti è assolutamente legittima. Gli Italiani hanno accettato coraggiosamente l’intervenzionismo tecnico da parte dell’UE, che non è cosa da poco! Tradimenti come quello Francese e Austriaco nei confronti dell’Italia riguardo alla crisi dell’immigrazione hanno creato il consenso euroscettico di cui questi partiti, più lega che M5S, si nutrono. Adesso mi chiedo se questo governo, che da segni di schizofrenia, sia in grado di portare soluzioni concrete, oppure ci infarciranno di retoriche, capri espiatori e banali patriotismi come ma noi abbiamo lu sole, noi abbiamo lu mare; banali consolazioni per un paese che ha bisogno di cambiare, e dovrebbe guardarsi attorno per comprendere come. Il sovranismo salviniano e controproducente. Non a caso i suoi principali alleati europei sono gli stessi che oppongono il sistema delle quote, che è nel maggiore interesse italiano. Il M5S rimane ambiguo e radicale, quasi troppo. Determinato nel punire l’economia invece di capirla. Aihmè strategia infantile e controproducente. L’economia è una dinamica, un fenomeno con sue regole che funzionano indipendentemente da chi si punisce e da chi si vuole puntare il dito contro.
Non vedo un governo del cambiamento, di un governo realista e responsabile, vedo solo facce nuove
Pensiero lucidissimo! Condivido pienamente 👍