
Nel nostro post precedente, sottolineavamo quanto fosse poco interessante la crisi di governo, essendo di fatto un golpe di palazzo.
Il livello di partecipazione politica, del resto, non dipende solo da fattori culturali astratti: quelli ne sono la conseguenza.
Il livello di partecipazione dipende, piuttosto, dall’effettivo coinvolgimento popolare che un sistema (decisionale) prevede.
UN MODELLO POLITICO POST-DEMOCRATICO E POST-LIBERALE
Quello che si sta affermando con la scusa dell’anti-sovranismo è, infatti, un modello post-liberale e post-democratico. Ed è curioso che gli stessi presunti sovranisti non lo abbiano chiaro.
E che, addirittura, la destra radicale sia rimasta ideologicamente alla lotta contro liberalismo e democrazia, che lo stesso sistema oligopolistico globale sta combattendo per arrivare al dominio puro del capitale.
LA SCELTA DEL GOVERNO SEMPRE PIU’ A PORTE CHIUSE
In questo nuovo modello, che ovviamente ha le sue radici nel precedente, le questioni di governo sono equiparabili alle questioni dinastiche.
Come in una monarchia o in una aristocrazia (o meglio, appunto, oligarchia), eredità e successioni sono cose che non ci riguardano.
Non ci coinvolgono e, quindi, non siamo coinvolti.
Di base, c’era la necessità di mettere a guardia del “tesoretto” di fondi/prestiti europei un uomo di fiducia, un garante, delle banche e della Unione Europea. E così, un altro garante di quegli interessi appunto oligarchici, Matteo Renzi, si è mosso per sostituire Giuseppe Conte quando era il momento.Dopo aver fatto fuori Salvini, quando era il momento.
Quando hai forti sponsor internazionali, la tua potenza mediatica non è per forza proporzionale ai voti.
Il progetto Draghi presidente circolava da tempo sulla stampa e tra le fila dei partiti. A dimostrazione che i governi li fanno a loro piacimento e indipendentemente dal voto.
L’Italia è una “democrazia” parlamentare e il presidente del Consiglio è scelto dal Parlamento e non direttamente dal popolo. Tecnicamente, quindi, è tutto “normale”.
Politicamente, democraticamente, no.
La democrazia, infatti, non è perfetta e tanto meno le leggi e le costituzioni: si possono e si devono cambiare quando c’è qualcosa che non va.
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