Sobrietà. Per Giuseppe Conte la parola d’ordine è la stessa di Mario Monti.
“Equilibrio e misura, sobrietà e rigore”, ha ribadito: “lezioni di galateo” che, come ha giustamente ricordato in Senato il leghista Riccardo Molinari, appaiono quanto meno ardite per chi è stato messo sulla poltrona dal partito del “Vaffa-day”.
Anche se il premier è stato abile nell’uscire allo scoperto dopo essersi garantito appoggi internazionali, il fatto di trovarsi dalla stessa parte della barricata delle élite e delle lobby contro le quali tuonavano fino a ieri, continua evidentemente a sfuggire a militanti e parlamentari grillini. Ma è davvero inquietante la sostanza soporifera del discorso pronunciato da Conte, insistente nel sottolineare l’entrata a far parte dei salotti moderati della politica, con il Pd a fare da garante.
IL M5S NEL CLUB DEI BUONI
Basta “frastuono”, ha spiegato, e basta “dichiarazioni bellicose e roboanti”. Bisognerà starsene tranquilli e buoni, non disturbare troppo, parlare a bassa voce, non lamentarsi, non protestare, non appassionarsi. La fine di ogni cambiamento nel reazionarismo linguistico.
“Io e tutti i miei ministri”, ha proseguito, “prendiamo il solenne impegno, oggi davanti a voi, a curare le parole, ad adoperare un lessico più consono e più rispettoso delle persone, della diversità delle idee”.
Tono paternalistico e moralismo: le buone maniere prima di tutto, e vestirsi bene, certo.
“Ci impegniamo a essere pazienti anche nel linguaggio, misurandolo sull’esigenza della comprensione”: San Giuseppe da Foggia dixit.
“La lingua del governo sarà una lingua mite“, ha proseguito il folgorato sulla via di Damasco, che all’immagine di Padre Pio ha però sostituito il presidente della commissione europea Von der Leyen.
Nel nuovo corso, niente più crocifissi: la nuova religione sono le buone maniere fine a se stesse. E il Conte-bis ha battezzato i grillini al nuovo credo.
In occasione del suo primo incarico, il giornalista Sallusti lo aveva erroneamente paragonato a Monti. Ma il governo che presiedeva allora aveva contenuti politici forti e chiari e il suo ruolo era ben diverso. Ma oggi, che Monti in persona ha dato la fiducia al suo governo, linguaggi e contenuti sembrano sempre più simili, mentre l’universo grillino risulta svuotato di vigore e passione, zittito e anestetizzato dall’alto.
COL PD PROGETTO DI LUNGO PERIODO
“Questo progetto politico segna l’inizio di una nuova, risolutiva stagione riformatrice”, dichiara modestamente, tanto per evitare dall’inizio le dichiarazioni roboanti (!). E mettendo allo scoperto, allo stesso tempo, la menzogna 5 Stelle dell’accordo di governo: “Il nostro è un progetto ambizioso e di lungo periodo“, ha affermato. Certo, bisognerà poi vedere fino a che punto riuscirà a tirarsi dietro il Movimento (già sulla Tav lo avevano contraddetto), ma il premier è stato chiaro: “il “patto politico e sociale” che oggi proponiamo a voi e a tutti i cittadini, si proietta necessariamente, per essere sostenibile, in una dimensione intergenerazionale“; “è un progetto politico di ampia portata, anche culturale”.
Un progetto fatto di principi “universali” che “si collocano in una dimensione sovra-governativa”.
POCHI CONTENUTI
Quanto ai contenuti, rimane una certa timidezza, condita di frasi fatte alla Greta Thumberg.
Come un Monti qualunque c’è la globalizzazione della competizione (bentornato liberismo), con l’obiettivo di relegare al passato le piccole e medie imprese a favore delle imprese più grandi “consolidando la propria posizione sul mercato globale” (insomma, la fine della piccola e media impresa), la robotizzazione (il nuovo umanesimo si deve essere inceppato, ne saranno contenti i lavoratori sostituiti dalle macchine), discriminazioni di genere (come una Boldrini qualunque) e la paradossale gioia bocconiana perché “i mercati finanziari stanno investendo con fiducia sulla nuova fase che l’Italia sta attraversando”.
Sarà un caso o sarà che Conte ha dichiarato di voler “rafforzare gli strumenti e la governance economica dell’Unione europea“, ovvero voler cedere ulteriormente sovranità?
GIORNALI E MERCATI FINANZIARI ORA SONO AMICI
Ma non solo i mercati sembrano diventati i nuovi amichetti dei 5 stelle, anche gli odiati giornalisti oggi sono ringraziati e riconosciuti per un “insostituibile ruolo dei termometro della democrazia”.
Oggi che è amico dei mercati, in effetti, i giornali ne parlano come un dio sceso in terra. Pochi mesi fa, come ha ricordato in aula sempre Montanari, la storia era ben diversa: “quando era appoggiato dalla Lega e dai Cinquestelle e basta, lei veniva preso in giro come avvocato di provincia, dicevano che lei era uno che era capitato qua per caso, facevano ironia sul suo curriculum, e magicamente, nel momento in cui ha abbassato la testa rispetto alla Merkel e si è alleato con il Partito Democratico è diventato un novello padre costituente, è diventato il salvatore della patria, è diventato l’uomo della provvidenza, le stesse parole che venivano usate per un tal Mario Monti”.
LA CENSURA A CASAPOUND E I RIFERIMENTI DEL PREMIER
Del resto, proprio nel giorno in cui, come ricordavamo, i profili Facebook ufficiali di CasaPound e decine di militanti venivano ingiustificatamente oscurati, Conte in Parlamento faceva riferimento all’ “uso responsabile dei social-network, che non di rado diventano ricettacoli di espressioni ingiuriose e di aggressioni verbali”. Una frase difficilmente casuale, considerando anche che, ancora oggi, in Senato, il premier, sfoggiando in esordio il suo antifascismo, ha salutato la senatrice Segre facendo riferimento alla creazione di un Osservatorio sui discorsi d’odio in rete e sui social (le stesse accuse rivolte a CasaPound da Facebook).
FEDELTA’ A NATO E UE
Fatto il dovuto omaggio all’antifascismo, Conte ha poi confermato – come ormai fanno instancabilmente e sospettosamente lui e Di Maio – la sua fedeltà assoluta all’Ue e alla Nato: i rapporti con India, Cina e Russia, ha ammonito, “dovranno essere declinati sempre e comunque, come ho appena detto, con modalità compatibili con la nostra vocazione euro-atlantica”.
POPULISTA PER CASO
Insomma, a chi non fosse chiaro come mai Conte è ancora lì anche dopo il tweet di Trump (suggerito da Macron, il quale sarà in visita a Roma già il prossimo 18 settembre), a chi non fosse chiaro perché con il Pd è scattato improvvisamente l’amore e sono tutti diventati bimbi buoni, le parole di “Giuseppi” e la scandalosa nomina di Gentiloni alla Commissione Europea (dove ha ricevuto niente meno che la delega agli Affari economici) dicono tutto abbastanza esplicitamente.
Evidentemente, quando aveva accettato di fare il premier di un governo sovranista aveva un po’ le idee confuse o aveva accettato a sua insaputa.
E probabilmente era distratto anche quando si dichiarava “orgogliosamente populista”.
Non gli avevano ancora insegnato le buone maniere.
Emmanuel Raffaele Maraziti
4 risposte a "L’insopportabile deriva reazionaria di Conte"