Non dimenticheremo chi ha sostenuto Draghi

In carica dal 13 febbraio 2021, il governo Draghi è stato, insieme al secondo governo Conte, l’espressione più antidemocratica ed autoritaria della storia repubblicana.

Nati entrambi nel corso di una legislatura iniziata con l’accordo Lega-M5S, a seguito di un voto popolare che chiedeva a gran voce l’archiviazione del centrodestra e del centrosinistra, il secondo governo Conte ed il governo Draghi hanno rappresentato uno dei più gravi voltafaccia della politica italiana nei confronti degli elettori.

Non ci si è però limitati a tradire il mandato popolare e dar vita, con l’ultimo governo, ad una maggioranza in stile regime con l’opposizione ridotta ad un solo gruppo parlamentare.

In nome di un’emergenza sanitaria sapientemente manipolata dalla stampa, si è arrivati addirittura al superamento della democrazia e della libertà, con la complicità di una propaganda martellante contro ogni protesta dentro e fuori il Parlamento.

Ecco perché noi non dimentichiamo che Giuseppe Conte per primo si è travestito da monarca per ordinarci quando andare a pisciare il cane, quando fare la spesa, quando uscire di casa.

Noi non dimentichiamo che Giuseppe Conte ha governato per un anno a suon di decreti che hanno calpestato ogni libertà.
Noi non dimentichiamo che Giuseppe Conte – buttato fuori dal governo per calare dall’alto, al suo posto, l’ex numero uno della Banca Centrale Europea, privo di qualsiasi legittimazione popolare e per mano di un Renzi a capo di un partitino elettoralmente insignificante – ha avallato la nascita del governo Draghi.
Noi non dimentichiamo che il M5S ha appoggiato tutte le misure liberticide, dal Green Pass al coprifuoco, dagli arresti domiciliari di massa fino ai licenziamenti per i non vaccinati, i cento richiami obbligatori e le bugie di Stato (“il Green Pass ti garantisce di stare tra persone non contagiate. Se non ti vaccini, ti ammali, muori”, Draghi dixit).
Noi non dimentichiamo che nessuno ha chiesto l’istituzione di una Commissione parlamentare per investigare il grave attacco alla democrazia, la reale portata dell’emergenza sanitaria, il ruolo del comitato scientifico, il contenuto di tutti i documenti di interesse nazionale relativi alla pandemia, l’opportunità di una risposta alla “pandemia” proporzionata alla sua gravità reale ed in linea con i principi e le istituzioni di uno Stato democratico.
Noi non dimentichiamo che nessuno finora si è fatto alfiere di una riforma della Costituzione che impedisca nel futuro simili attacchi, la definizione specifica dei poteri del governo in stato d’emergenza (come in Spagna, dove lo stato d’allarme è stato dichiarato successivamente illegale), una definizione più chiara della fattispecie emergenziale e lo stop all’uso della decretazione d’urgenza sulla base di una valutazione unicamente governativa ed estensibile a piacere che, da sempre, è uno strumento abusato da parte dei governi italiani.
Noi non dimentichiamo neanche le grida sterili dell’opposizione, che non ha saputo denunciare con chiarezza e agire in via giuridica contro la truffa democratica in corso.
Noi non dimentichiamo nemmeno che l’intero Parlamento, Fratelli d’Italia inclusa, ha votato per l’invio di armi in Ucraina ed appoggiato incondizionatamente l’atteggiamento bellicista del governo e degli alleati Nato, mettendo in grave pericolo la sicurezza e la tenuta dell’economia nazionale.
Noi non dimentichiamo il suicidio politico della rottura delle relazioni con la Russia in nome degli interessi americani e contro l’interesse nazionale.
Noi non dimentichiamo la rinuncia a svolgere un ruolo attivo nel nome della pace e della giustizia, l’abbandono della via diplomatica che stanno portando ad un prolungamento della guerra, il silenzio rispetto alla guerra nel Donbass che si prolunga da quasi dieci anni, rispetto ai crimini di guerra commessi dal governo ucraino, rispetto alle infiltrazioni americane in Ucraina per prendersi il Paese ed accerchiare la Russia.
Noi non dimentichiamo la totale sottomissione di tutti i partiti nel Parlamento rispetto ai diktat americani e la tendenza alla censura e demonizzazione nei confronti di ogni forma di pensiero critico e indipendente.

Per cui non ci stiamo al gioco elettorale attualmente in corso.
Troppo facile scendere dal carro oggi, lasciare Draghi al Pd e far come se nulla fosse.

M5S? TROPPO FACILE SVINCOLARSI A DUE MESI DAL VOTO

Conte ora recita la parte del rappresentante del popolo tradito, ma il tradimento di cui si è macchiato il suo partito non può essere archiviato così facilmente.

Solo dopo un anno, un partito ormai alla deriva ed i “governisti” ormai fuori, Conte si è accorto che per non perdere gli ultimi voti, doveva alzare la testa e scaricare Draghi?
E dovremmo poi far finta di non sapere che domani stesso sarebbe pronto a fare altri accordi con il Pd ed altri governi di “unità nazionale” (che, per la cronaca, solo in Italia sono così frequenti – nel Regno Unito l’ultimo risale alla Seconda Guerra Mondiale)?

Dopo un anno e dopo aver votato tutto quello che gli passavano e che ha causato tutto questo, Conte si è accorto (vedi la lettera scritta a Draghi nel mese di luglio) che:

  • l’inflazione ha raggiunto i livelli elevati degli anni Ottanta e il problema che affligge molti cittadini non è più come arrivare a fine mese, ma come arrivare almeno a metà mese”;
  • non è “accettabile che il Consiglio dei Ministri sia relegato al ruolo di mero consesso certificatore di decisioni già prese“;
  • che “il senso di responsabilità verso il Paese e verso le future generazioni ci impone di rivendicare con sempre maggiore forza le nostre idee e le nostre convinzioni contro la guerra, per la pace e il disarmo”;
  • non possiamo rinunciare all’idea di un sistema democratico “aperto”, che contrasti l’involuzione verso derive elitarie“.

Nella lettera qui citata Conte ha praticamente chiarito quello che era già chiaro da molto tempo: con Mario Draghi la sovranità nazionale è quanto mai a rischio perché Draghi non è lì a rappresentare l’Italia ma altri interessi.
Era chiaro da sempre eppure l’hanno votato.
Ed era chiaro come stessero le cose quando il primo governo Conte è stato fatto cadere dall’Europa e Conte è dovuto tornare in Parlamento a giurare fedeltà alla Nato (“L’insopportabile deriva reazionaria di Conte”).

Oggi Conte scrive:
Vogliamo più che mai, e molto più di altri, essere e contare in Europa e mantenere la nostra storica alleanza dentro la Nato.
Il punto è come si sta in queste sedi: con dignità e autonomia
, consapevoli di essere una delle prime democrazie al mondo, oppure si svolge il ruolo di terminali passivi di decisioni assunte da altri?
La nostra partecipazione a questi consessi si inscrive nella logica esclusiva di uno “stare allineati”, oppure c’è la determinazione a rendere l’Italia protagonista, insieme agli alleati, di una linea geo-politica che impedisca una insanabile frattura, con un mondo diviso in due blocchi: da un lato, i Paesi occidentali, dall’altro lato, il resto del mondo?”.

Benissimo ma troppo, troppo, tardi.
Troppo, troppo comodo parlare ora.

CENTRODESTRA? INAFFIDABILE, ERA PRONTO AL DRAGHI BIS

Quanto al centrodestra, fino all’ultimo era pronto a votare Draghi e stringere ancora di più i rapporti con l’ex banchiere sperando di far fuori solo il M5S.
E Fratelli d’Italia, più lealista del re sulla questione ucraina, continua a collocarsi nell’area del centrodestra come se nulla fosse, ragion per cui il suo stare all’opposizione in ottica elettorale vale pochissimo.
Come se il leghista “dico-tutto-e-il-contrario-di-tutto” Salvini ed il “sempre(meno)verde” Berlusconi non fossero rimasti fino a ieri dall’altro lato della barricata.
La volontà di coalizione con partiti pronti a cambiare schieramento e senza un progetto politico comune è incomprensibile, a non voler essere maliziosi e pensare che l’opposizione inoffensiva di Fratelli d’Italia serviva al centrodestra per occupare entrambi gli spazi e immagazzinare un grosso numero di voti di protesta.
Se si identifica ancora con il centrodestra, è chiaro che Fratelli d’Italia non rappresenta una forza anti-sistema.

COSA FARE? CHI VOTARE?

Votare tutto quello che non è centrodestra, centrosinistra o M5S, tanto per cominciare.
Un eventuale rientro di Di Battista nei ranghi potrebbe far pensare ad una svolta nel Movimento, ma si tratterebbe solo una mossa dei vertici per ingannare ancora un elettorato comunque confuso e malleabile: Dibba commetterebbe un errore a tornare sui suoi passi.
Archiviata l’esperienza grillina, infatti, Di Battista sembra l’unico titolato per guidare un nuovo soggetto politico alternativo sovranista di sinistra.
Ma una iniziativa simile avrebbe un senso a fronte di un sostegno largo, da parte dei movimenti già esistenti, e non certo nell’ottica della creazione dell’ennesimo partito personale (cosa che peraltro e per fortuna non gli si addice).
Ma i tempi sono troppo stretti ed il mondo dei movimenti e dei piccoli partiti non è affatto pronto a una prospettiva simile.

ECCO LE ALLEANZE TRA LE FORZE EXTRA PARLAMENTARI

A questo proposito, visti i tempi strettissimi del voto (25 settembre), i partiti minori che hanno bisogno delle firme per potersi candidare sono in fibrillazione.
Vedremo chi porterà la propria sigla sulla scheda presentando tutto entro il prossimo 20 agosto ma, intanto, si stanno creando gli schieramenti.

Mario Adinolfi, ultracattolico rappresentante del Popolo della Famiglia, contrario a divorzio e aborto, ha stretto alleanza con Exit, sigla lanciata da Simone Di Stefano, ex leader della molto più laica CasaPound, dopo l’uscita dal movimento romano che non dovrebbe invece presentarsi alle prossime elezioni, come annunciato tempo fa.
Insieme ad altre sigle minori hanno dato vita ad “Alternativa per l’Italia“, soggetto che – vista la presenza di Adinolfi – rischia di essere eccessivamente sbilanciato verso il conservatorismo cattolico.

Il Partito Comunista di Marco Rizzo, con la sua linea vetero-comunista, invece, punta all’alleanza con il movimento “Ancora Italia” (ispirato dal filosofo Diego Fusaro), Azione Civile dell’ex magistrato Antonio Ingroia e Riconquistare l’Italia.
Insieme hanno infatti creato “Italia Sovrana e Popolare“, soggetto di ispirazione socialista e sovranista.

Il giornalista Gianluigi Paragone dovrebbe invece correre da solo con la sua Italexit, di cui ci siamo già occupati in passato (e che non ci ispira molta fiducia).

Infine, per la cronaca, tra gli oppositori al governo Draghi (con soggetti che, a tempi alterni, non sono troppo distanti dal centrosinistra e che includono una certa sinistra “arcobaleno”) c’è anche “Unione Popolare”, coalizione nata dall’unione tra “Potere al Popolo”, Rifondazione Comunista e Democrazia Autonoma del sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi De Magistris.

UN FRAZIONAMENTO ESASPERANTE

Non vi nascondiamo quanto sia scoraggiante assistere a tanti frazionamenti e personalismi, che rendono difficile dar vita ad una autentica e quanto mai necessaria opposizione.
Un passo indietro da parte di tutti in nome di pochi punti programmatici comuni, del resto, sarebbe infatti l’unico modo di portare in Parlamento un blocco realmente “anti-sistema”.
Dal momento che non ci troviamo davanti a futuri premier ma a indispensabili “disturbatori”, l’attacco dovrebbe essere portato in maniera unitaria, mettendo in secondo piano bandiere e nomi divisivi.
Mancanze di fiducia reciproche, pregiudizi e distanze ideologiche avrebbero dovuto essere azzerate da punti in comune messi neri su bianco, da un minimo comune denominatore: il sovranismo e la libertà.
Ma, come era da aspettarsi, manca la visione d’insieme.
E così il 25 settembre, con tutta probabilità, il frazionamento estremo farà in modo che la situazione cambi poco o nulla.

Emmanuel Raffaele Maraziti

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