La fiamma del Caravaggio: la vita burrascosa del pittore a teatro e presto al cinema

Una scenografia dalla suggestiva semplicità, una recitazione vibrante, una sceneggiatura profonda e mai banale, che penetra l’anima dell’artista e dello spettatore. Ed è buio, tanto buio. Ed è luce, poca luce, e taglia il viso in due. Dà forma ai corpi. Definisce i contorni. E lascia scorgere il sublime del vero. Di carne. Passione. Sangue. Anima. Corpo. Pugni, schiaffi, pianti e rimorsi. Sofferenza e orgoglio. Vita.

E’ uno straordinario monologo di Matteo Bonanni, in uno spettacolo riproposto lo scorso 23 gennaio al Teatro Rosetum di Milano, a raccontarci le inquietudini di Michelangelo Merisi, l’uomo che si nasconde dietro l’appellativo con il quale è passato alla storia il pittore Caravaggio.

Regia di Matteo Riva, musiche di Danuta Conti, con la partecipazione di Roberta di Matteo, ecco “Di ombra e di luce“. E non poteva essere altrimenti.

La drammaturgia di Maurizio Giovagnoni ha la capacità di scavare dietro il pennello deL Merisi e regalarci così la confessione di un’anima sanguinante, lacerata. In lui è rappresentata l’umanità che cerca la luce e si perde nell’ombra. Che cerca la salvezza, spera nel calore divino, mentre è letteralmente divorata dalle debolezze, dalla rabbia e dall’istinto. Ed è in fondo umana proprio per quello. Non a caso Caravaggio invoca la Madre, la Consolatrice, che media con il Padre per avere il perdono del Figlio, in un’allusiva comparazione quasi blasfema col Cristo. Ma Caravaggio non è Cristo e lo sa bene e urla, si agita, si esalta, si inorgoglisce del suo talento, della sua grandezza, e non si pente. Soprattutto non si pente. Perché anche la bontà può far rabbia quando sembra insensata.

Caravaggio è una fiamma che non si spegne. Si ribella alle forme bidimensionali, alla banalità di una pittura che non rappresenta il vero illudendosi di rappresentare così il bello, perché, innamorandosi dei dettagli volgari, punta piuttosto ad innalzarli alla gloria attraverso la sua pittura. Caravaggio è la fede nell’uomo, la lotta e anche la sconfitta. E’ l’uomo che, nonostante tutto, vuole salvarsi. Non dalle regole di un qualsiasi codice morale, ma da se stesso. E che pure a se stesso, al suo essere uomo, non rinuncia. Caravaggio come sintesi della contraddizione dell’essere uomo.

L’omicidio commesso dall’artista (nato in realtà a Milano e non – come i genitori – nel paese bergamasco di Caravaggio) nel contesto di una rissa, e che lo costrinse a una vita da fuggiasco, è così l’occasione per raccontare semplicemente l’uomo. E se forse non c’è il perdono, di sicuro c’è comprensione. Quella comprensione che sembra sfuggire invece rispetto al destino beffardo, che abbandona il Caravaggio alla morte ad un passo dal perdono papale e dalla libertà, in una parabola che racchiude davvero tutto l’umano possibile.

Sarà forse anche per questo che i lavori del Merisi, concentrati in appena quindici burrascosi anni, ancora capaci di trasmettere emozioni vive, sono così apprezzati in tutto il mondo. Sempre a Milano, del resto, oltre sessant’anni dopo la mostra del 1951, è di nuovo Palazzo Reale ad ospitare un’altra memorabile esposizione delle opere del pittore, “Dentro Caravaggio“; mostra che, iniziata lo scorso 29 settembre (data di nascita del pittore) e prossima a concludersi – dopo l’ennesima proroga – il 4 febbraio, fa registrare quasi quotidianamente ore di attesa. A partecipare all’esposizione, oltre ai numerosissimi musei italiani, anche il Metropolitan Museum of Art di New York (“Sacra famiglia con san Giovannino”), la National Gallery di Londra (“Salomé con la testa del Battista”) ed il Museo Monserrat di Barcellona (“San Girolamo”).

Un’attenzione meritata e, a quanto pare, a tutto tondo. Proprio il 19 febbraio, infatti, uscirà nelle sale cinematografiche italiane “Caravaggio – l’Anima e il Sangue”, la cui consulenza scientifica è stata affidata a Claudio Strinati, storico dell’arte esperto del Caravaggio, e che contiene ance interventi di Rossella Vodret, curatrice della mostra a Palazzo Reale. Un viaggio tra le opere e la vita del pittore milanese, che in questo caso si racconta attraverso la voce del cantante Manuel Agnelli. Un’altra esperienza certamente da non perdere.

Emmanuel Raffaele Maraziti

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