Fischiate a una donna? A Londra rischiate di passare la notte in cella

Fischiare a una donna o rivolgerle un commento “sessista” potrebbe essere trattato dalla polizia britannica alla stregua dei reati d’odio. L’ipotesi – riportata dall’Evening Standard di Londra – arriva a seguito di un progetto pilota lanciato nell’East Midlands l’anno scorso, che ha spinto la polizia londinese a valutare la possibilità di seguirne l’esempio nella capitale inglese.

Gli episodi di molestie in strada, abusi verbali e foto scattate senza consenso dei protagonisti, nel corso dell’ultimo anno, sono stati infatti trattati dalla polizia della contea di Nottinghamshire, nell’East Midlands appunto, al pari dei reati d’odio, con conseguente aumento della pena nel caso di condanna. Continua a leggere

Il sindaco di Londra: “chiedere scusa per il massacro di Amritsar”. Sadiq Khan contro l’impero britannico

Dobbiamo riconoscere che non ci siamo sempre comportati bene in passato: dovremmo chiedere scusa“. In visita alla città di Amritsar, nello stato indiano del Punjab, il sindaco di origini pakistane di Londra, Sadiq Khan, ha chiesto al governo britannico di scusarsi per il massacro del 13 aprile del 1919. Continua a leggere

Svolta a Vogue Uk: più politica e “inclusività”. Modella anglo-ghanese simbolo del nuovo corso

“Ciao sono Adwoa Aboah, la modella più influente del mondo“, titolava a maggio MarieClaire. Nel pezzo dedicato alla modella 24enne, metà inglese e metà ghanese, Fabrizia Mirabella faceva notare: “Se in tempi lontani a mettere naso (e pecunia) in politica erano solo i letterati che, straordinariamente, si facevano voce delle masse. Oggi, a essere engagé, sono le modelle“. Una mezza verità, in realtà. Perché da sempre politica e costume vanno a braccetto. Soltanto che ora siamo nell’era social, il progressismo fa tendenza e, nel frattempo, Edward Enninful, ghanese classe ’72, trasferitosi da bambino nel Regno Unito coi genitori, ha conquistato la guida di “Vogue Uk”. In diverse occasioni, del resto, Enninful ha spiegato quale sarà la sua linea editoriale: “parlare di politica e non solo di moda“, evidenzia “The Guardian” (con buona pace di chi vuole solo sapere come vestirsi, osserva il quotidiano britannico). Non a caso, la prima copertina sotto la sua gestione, quella del prossimo dicembre, ha come protagonista Adwoa Aboah, il nome del momento, garanzia di “diversity” e femminismo. Continua a leggere

“Agli Usa serve un presidente che si occupi della lobby ebraica”: principe Carlo accusato di antisemitismo

L’afflusso di ebrei europei in Medio Oriente a metà del secolo scorso, in occasione della nascita di Israele, non avrebbe giovato alle relazioni con gli arabi ed avrebbe “contribuito a causare grossi problemi” nell’area. Parola del principe e futuro re Carlo d’Inghilterra, che si esprimeva proprio in questi termini in una breve lettera datata 24 novembre 1986 e indirizzata all’amico – scrittore ed esploratore sudafricano, scomparso a Londra nel ’96, padrino del principe William – Laurens van der Post. Continua a leggere

“Dunkirk” finalmente al cinema e ne parlano tutti (anche troppo) bene, ecco perché…

Con oggi, siamo al terzo giorno di proiezioni in Italia (a parte qualche anteprima il 30 agosto). Negli Usa, invece, è uscito già il 21 luglio scorso. E, chi si è cimentato nelle critiche, difficilmente ha risparmiato elogi. “Dunkirk“, film insolitamente realistico di Cristopher Nolan, che racconta un episodio cinematograficamente “inedito” della Seconda Guerra Mondiale, scritto e co-prodotto dallo stesso Nolan, girato a partire dal maggio 2016 quasi interamente nei luoghi dei quali racconta, con i suoi 106 minuti di pellicola, è praticamente già candidato a fare incetta di Oscar.

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Regno Unito, disfatta dei laburisti alle amministrative. Corbyn sotto accusa per il suo estremismo

A un mese dalla data in cui si terranno le elezioni politiche nel Regno Unito, i conservatori allargano la forbice del proprio vantaggio sui laburisti ed il leader Jeremy Corbyn è ormai sotto il fuoco incrociato di nemici sia interni che esterni al partito. Accusato di essere troppo estremista, nei giorni scorsi Corbyn, alla guida del partito da settembre 2015, ha portato il Labour ad una storica sconfitta nelle elezioni amministrative dello scorso 4 maggio, in occasione delle quali è andato perduto anche il fortino di Glasgow, laburista da settant’anni. Nonostante questo, ha fatto sapere che, qualunque sia il risultato delle elezioni del prossimo 8 giugno in cui sarà proprio lui a sfidare l’attuale primo ministro per ottenere la guida del governo, non lascerà il suo posto e rimarrà comunque alla guida del partito. Sarebbe la prima volta, da trent’anni a questa parte, che il capo dell’opposizione non lascia il suo posto dopo esser stato sconfitto alle elezioni generali. Un atto a dir poco inusuale e che in tanti potrebbero non condividere tra i simpatizzanti del partito, considerano soprattutto che gli ultimi sondaggi danno i conservatori addirittura al 48% dei consensi ed i laburisti appena al 24%, tre punti percentuali in meno di quelli ottenuti in questa già disastrosa tornata amministrativa, che ha rivelato peraltro la sostanziale scomparsa dell’Ukip.

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Area di libero scambio e cooperazione, ecco cosa chiede il Regno Unito dopo la “brexit”

Abbiamo già messo in guardia dalla convenienza economica e dall’opportunità politica di una eventuale chiusura da parte dei paesi dell’Ue nei confronti del Regno Unito. Ma, all’indomani dell’incontro tra i leader europei per ufficializzare la linea negoziale, resta soprattutto una riflessione da fare: le più svariate conseguenze disastrose prospettate in caso di uscita dall’Europa ed usate alla vigilia del referendum come spauracchio per indurre il popolo britannico a scegliere l’UE, si sono rivelate essere, semmai, a tutti gli effetti conseguenze dovute non tanto alla Brexit in sé, quanto – se questa venisse portata avanti fino in fondo – alla volontà punitiva della leadership europea. Lo abbiamo sostenuto nel nostro precedente articolo ed è ora il caso di concretizzare il concetto guardando all’indirizzo politico della premier Theresa May sull’argomento.

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Regno Unito, deputate contro Theresa May: “Niente elezioni durante il Ramadan”

Ha indetto le elezioni politiche per il prossimo 8 giugno, nel bel mezzo del mese di Ramadan per i musulmani, che quest’anno cadrà tra il 26 maggio ed il 24 giugno. E’ per questo che il primo ministro conservatore del Regno Unito, Theresa May, è finito sotto accusa per aver ignorato le esigenze dei musulmani. “Il fatto che le elezioni generali si tengano a metà del Ramadan non è l’ideale”, ha dichiarato Rushanara Ali, deputata di fede islamica e laburista. “Si potrebbe verificare una sproporzione nella presenza degli elettori in quei collegi con una popolazione musulmana considerevole. Se qualcuno pensa che la sua capacità di andare a votare ne sarà influenzata, lo invito a registrarsi per il voto postale”, ha aggiunto Ali, 42 anni, in parlamento dal 2010, nel Regno Unito da quando aveva sette anni dopo essere aver lasciato il Bangladesh insieme alla sua famiglia.

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“Non siete etero, siete cisgender”. La propaganda nei libri di scuola britannici

Grazie ad un progetto pilota finanziato dal governo britannico, sarà distribuito in ben 120 scuole del Regno Unito il testo edito da “Jessica Kingsley Publishers” dal titolo: “Posso parlarti della diversità di genere?“.
Il libro, scritto da CJ Atkinsons – attivista della comunità trans e dirigente dell’organizzazione “Educate & Celebrate“, che ha sostenuto il progetto e ne sta curando la diffusione – è il racconto di una dodicenne immaginaria che cambia sesso ed è destinato all’utilizzo da parte degli insegnanti e dei genitori per l’educazione dei minori: “é il primo libro che spiega la transizione medica per bambini dai sette anni in su“, spiegano gli editori. Elly Barnes, fondatrice di “Educate and Celebrate”, a proposito del libro, ha dichiarato: “ce n’era davvero bisogno”. Ed ha aggiunto: “non tutti si identificano come maschi o femmine, questo è un fatto”.

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Regno Unito, i giudici provano a fermare la Brexit: “prima il voto del parlamento”

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La Brexit ha subito uno stop decisivo, seppur non definitivo. Si è infatti pronunciata oggi l’Alta Corte inglese e, in seguito al ricorso di alcuni cittadini a favore del “Remain“, ha stabilito che il governo della conservatrice Theresa May non potrà far valere l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che riguarda appunto la clausola di rescissione dall’Ue, senza l’approvazione del Parlamento britannico.

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