Negazionisti? Tutt’altro! Ecco cosa avremmo fatto al posto di Conte

Qualcuno, commentando sulle nostre reti sociali o contattandoci in privato, ha mosso una critica al nostro articolo sulla letalità del covid-19 (“Covid: i dati non giustificano la dittatura Conte) che merita di ricevere una risposta.
Dopo tutto, le critiche costruttive (al contrario degli insulti o delle critiche prive di argomentazioni) servono a perfezionare il proprio punto di vista o quello altrui, ecco perché le accogliamo con favore.

Sullo sfondo di un approfondimento che è stato molto letto e apprezzato, la critica era ampiamente attesa e si può riassumere così:

1) il tasso di letalità del covid è basso ma è comunque molto più alto di quello dell’influenza e, senza misure adeguate, provocherebbe una mortalità senza paragoni;

2) il discorso sulla letalità conta relativamente, perché il problema vero, a cui si vuole rispondere con lockdown e restrizioni, è il sovraccarico insostenibile del sistema sanitario.

HANNO SPARATO NEL MUCCHIO ANZICHE’ PUNTARE AL BERSAGLIO

Nel rispondere, è innanzitutto doverosa una premessa: nell’articolo abbiamo fatto riferimento al tasso di letalità stimato dall’Oms a maggio, pari allo 0,6%.
Ma abbiamo anche fatto notare che altri studi di tutto rispetto (tra cui quello dello statunitense “Centers for Disease Control and Prevention” e quello dello scienziato John Ioannidis in pubblicazione proprio sul bollettino del Oms) hanno stimato un tasso di letalità vicino allo 0,2%.
E abbiamo anche fatto notare che, tra gli operatori sanitari in Italia, il tasso di letalità apparente è ora pari proprio allo 0,2%.
Del resto, anche sul resto della popolazione, più aumentano i test, più diminuisce drasticamente il Case Fatality Rate (ovvero, il tasso di letalità rispetto ai contagi confermati).
Abbiamo quindi ragioni plausibili di pensare che il tasso di letalità reale complessivo sia più vicino allo 0,2% che allo 0,6%.

Detto questo, la letalità, come abbiamo mostrato, dipende anche dall’età e quindi dall’età media della popolazione: in Italia si muore di più anche perché l’età media è più alta che nel resto d’Europa ed il virus affronta una popolazione più “debole” ed esposta.
Questo alza anche il tasso di letalità complessivo in Italia, ma non rende più pericoloso il virus in sé.
L’altro dato interessante (anche in ottica politica) – e qui non siamo più alle stime, ma ai fatti – era il seguente: nell’86,5% dei decessi la vittima aveva più di 70 anni; il 95,2% più di 60 anni.

Ciò che conta, al fine di misurarne la pericolosità, è che su un soggetto sano (e soprattutto su un soggetto sano al di sotto dei 50 anni) il virus ha una letalità dello 0%: il fatto che sia stata riscontrata una media di ben 3,6 patologie pregresse tra i morti “con covid” e che una percentuale vicina al 3% non ne avesse alcuna conferma che il virus in sé non è letale.

Come può essere ininfluente tutto ciò? La risposta politica non può non essere proporzionata alla pericolosità di un virus e poi, come vedremo, guidati dalla scienza, si dovrebbe puntare al bersaglio e non nel mucchio nel trovare soluzioni.

UNA COMUNICAZIONE SCANDALOSAMENTE ALLARMISTICA

Ci fa piacere che si riconosca quanto meno la bassa letalità, ma non ci sembra affatto che i media abbiamo insistito su questo e sui dati reali in generale.
La comunicazione standard, infatti, è stata ossessiva e allarmistica (con messaggi del tipo “anche i giovani muoiono” del tutto icongruenti rispetto alla realtà), creando di fatto una infodemia necessaria a suscitare nel cittadino la consapevolezza di una epidemia che altrimenti sarebbe stata passata inosservata ai più.
Il lettore medio, che non va a leggersi i rapporti ufficiali, è stato letteralmente bombardato dalle notizie sul covid associato ai decessi, alle terapie insensive, alla morte, alla guerra e chiunque ne sottolineava la scarsa pericolosità è stato attaccato. Il risultato è stato il terrore per molti, fino alla caccia all’untore. Un’informazione equilibrata non fa allarmismo, non fa sensazionalismo e spiega le cose come stanno davvero: ebbene, è avvenuto esattamente il contrario.

Ecco perché il nostro articolo rispondeva innanzitutto a questo: è stato questo tipo di comunicazione che, mettendo in secondo piano i dati reali, a giustificare le misure prese. Se la comunicazione fosse stata equilibrata, certe misure non avrebbero mai trovato consenso in ampie fasce della popolazione.
Al contrario, neanche fossimo in Unione Sovietica, si è arrivati ad etichettare in blocco come negazionista chiunque si opponesse alla verità rivelata dai dpcm di Conte, che ha agito e continua ad agire da quasi un anno da autarca come se niente fosse, come fosse la cosa più normale di questo mondo.

LA LETALITA’ DELL’INFLUENZA E’ SOTTOSTIMATA

Quanto al paragone tra letalità dell’influenza e del covid, a parte quanto appena ribadito sulla letalità effettiva del covid, rimandiamo al paragrafo sull’influenza dell’articolo citato.
Lì è spiegato molto chiaramente perché la letalità dell’influenza riportata da un commentatore è sottostimata, in quanto si riferisce solo alle poche centinaia di morti con tampone effettuato.
Senza contare che la letalità dell’influenza è mitigata dall’esistenza dei vaccini, solo il 2% della popolazione, infatti, è controllato.
Proprio per questo gli stessi rapporti ufficiali di Oms e Iss parlano invece di migliaia di morti l’anno, dagli 8mila ai 12mila appunto – con un eccesso di mortalità ancora più ampio se si leggono le parole di Walter Ricciardi riportate nell’articolo.
E infatti negli anni scorsi abbiamo avuto eccessi di mortalità anche di 50mila morti, senza covid.
I morti per influenza non vengono registrati come tali, vengono attribuiti ad altro, anche perché l’influenza viene in genere considerata una complicanza e non una causa primaria come con il covid.
Ecco perché si stimano annualmente non meno di 650mila morti per influenza ed una letalità di circa lo 0,1%.
La distanza tra i due virus si accorcia.

Il ragionamento di poc’anzi sull’attribuzione delle cause spiega perché le stime di 390mila morti causati da covid non stanno in piedi neanche con una letalità tripla rispetto a quella da noi ipotizzata (0,6% anziché 0,2%): la stessa Istat, come abbiamo fatto notare, quanto alla mortalità, ha spiegato che molti dei decessi sono stati “solo” anticipati di poco tempo e potrebbero non avere quindi effetto sull’eccesso di mortalità complessiva.
Non solo l’eccesso di mortalità complessiva del 2020, in effetti, potrebbe non quadrare rispetto ai morti per covid proprio per questa ragione ma, molto più probabilmente, potrebbe ampiamente rientrare nel 2021/2022, come avviene in seguito alle pandemie influenzali più aggressive, proprio per la ragione appena esposta.

Senza contare il fatto che è scientificamente impossibile che si contagi l’intera popolazione italiana perché, raggiunto un certo livello di immunità, il virus smette di circolare.

NON ABBIAMO MAI NEGATO L’ESISTENZA DI UNA QUESTIONE SANITARIA LEGATA AL VIRUS

Quanto al carico sul sistema sanitario, certo, si tratta di un problema reale, che si verifica anche – come detto – durante le stagioni influenzali più critiche. Il refrain sul “dobbiamo evitare i morti” dimostra che non è stato questo l’argomento usato per giusitificare le misure restrittive, ma lasciamo perdere questo aspetto.

Il nostro articolo, infatti, non ha mai sostenuto l’idea per cui la pressione sul sistema sanitario non sia un problema (per gli ospedali e per il diritto alla salute ed alle cure), tanto meno che non lo siano i morti.
Abbiamo sostenuto e sosteniamo il dovere della politica di bilanciare il diritto alla salute con il diritto alla libertà ed al lavoro, rispondendo in maniera proporzionata e mirata ad un’emergenza sanitaria.
E’ chiaro che il lockdown e le forti misure restrittive hanno devastato l’economia, bruciato centinaia di migliaia di posti di lavoro, fatto chiudere o indebitare migliaia e migliaia di aziende, incrementato il debito pubblico del 30-40% solo nel 2020 e che il peggio deve ancora venire.
Ed è chiaro che le misure hanno limitato anche il diritto alla salute di tanti (cure ed operazioni rinviate, controlli rimandati, danni psicologici ecc.), oltre che la libertà.

Non crediamo quindi che esista la libertà assoluta dell’individuo in società, ma riteniamo che sia da salvaguardare il più possibile (è l’essenza della demorazia) e che si sarebbe potuto avere un impatto forte sull’epidemia senza tutti questi danni collaterali e senza la sospensione totale della democrazia nella gestione della pandemia.
Lo abbiamo accennato nelle conclusioni.

AGIRE MEGLIO: ECCO COME

Se l’85% dei morti ha più di 70 anni, indirizzare l’azione in maniera decisa su questa fascia d’età (o sugli over 65 più in generale) con misure di prevenzione e protezione mirate ed eventuali aiuti economici (magari da estendere alle categorie più a rischio per patologie di altre fasce d’età) avrebbe avuto un impatto molto più concreto e sarebbe costato molto meno al Paese e al resto della popolazione.
Così come non si può fare a meno di notare che il 42% dei decessi si concentrano in Lombardia (che insieme alla Campania ha la densita abitativa più alta ed anche il maggior numero di case di riposo) mentre in tante regioni l’impatto dell’epidemia è stato molto limitato.
Anche qui, dunque, la scienza avrebbe suggerito un’azione mirata.

E poi, certo, il potenziamento delle strutture avrebbe soltanto fatto bene alla nostra sanità e alla gestione dell’emergenza. Così come il potenziamento dell’assistenza domiciliare, un maggior numero di tamponi fin da subito per individuare prontamente i positivi (e isolare solo loro, non tutti), mascherine obbligatorie solo laddove il contatto fisico è inevitabile, riduzione reale della disponibilità dei posti sui mezzi pubblici con potenziamento degli stessi, evitare il disastro nella gestione della scuola (e l’enorme spreco dei banchi), non imporre chiusure per settori ma misure di distanziamento generalizzate.
Volendo (anche se la cosa non ci fa impazzire) si sarebbe anche potuto investire sul telelavoro (e la digitalizzazione), raccomandandolo e supportandolo laddove possibile, ma senza imporlo.

Si sarebbe potuto insomma portare avanti un’azione pi concreta, più produttiva e più efficace.
Senza contare che il governo, rispetto ad una pandemia considerata poi tanto grave da aver bisogno di un lockdown, ha agito in ritardo (ricordiamo il nostro video e articolo sul blocco dei voli in ritardo, del tutto contraddittorio rispetto al seguito) e male, come se non avessero mai sentito parlare di una pandemia (e con le ultime indagini di Report sui piani pandemici mai aggiornati abbiamo anche visto il perché).

Evitiamo, per non infierire, di parlare della Svezia che, senza nessun lockdown, ha un numero di decessi per milione di abitanti inferiore al nostro: certo, ci sono enormi differenze dal punto di vista della densità abitativa (così come ci sono in Italia e non è stato minimamente considerato), ma il fatto che non ci sia stata nessuna strage (nonostante un clima più freddo e favorevole al virus, tesi confermata dall’Iss recentemente) non può passare inosservato.

Emmanuel Raffaele Maraziti

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