Anteprima mondiale al Festival di Cannes lo scorso 21 maggio, nei cinema americani dal 26 luglio, in uscita il prossimo 18 settembre in Italia, in molti descrivono “C’era una volta a Hollywood” come il film più riuscito di Quentin Tarantino.
Quel che è certo è che la pellicola affascina.
La trama – per la quale il regista fa riferimento a fatti di cronaca reali, stravolgendone l’episodio centrale e, ovviamente, reinterpretando il tutto a sua immagine e somiglianza – non è tra le più intricate e interessanti.
Non è certo il punto forte del film. Tanto meno si ha l’impressione che i crimini della “Manson family“, che pure conquistano il finale, siano i veri protagonisti della pellicola: un’apparizione che sembra quasi incidentale, di secondo piano.
Il racconto non è certo focalizzato su di loro e, a parte l’incontro/scontro conclusivo, di loro sappiamo poco.
“Once Upon a Time in Hollywood” è più semplicemente meta-cinema puro.
Un film dedicato a chi sta dietro le telecamere e a chi ci sta di fronte, alle sue follie e alla sua quotidianità.
Un film dedicato a chi splende e a chi scompare, a chi detta i tempi e a chi li segue.
Un film dedicato alla possibilità di reinventarsi anche la storia e la cronaca, di cambiare il finale, di fantasticare sulla realtà, di prendersi almeno sullo schermo la vendetta sui cattivi. Una vendetta che, qui, Tarantino si prende a nome del cinema tutto, nonostante le critiche ricevute per questo.
La superlativa prestazione di Leonardo Di Caprio nei panni dell’attore Rick Dalton e il ruolo da “spalla” di Cliff Nooth (amico e controfigura al tempo stesso), interpretato in maniera volutamente stereotipata da Brad Pitt, sono il film stesso.
La recitazione e i tempi del film, il cinema nel cinema, il salto da registro a registro con lo switch finale tra il comico e il tragico, sofferenze e ipocrisie dell’attore, vizi e virtù dell’amico: “C’era una volta a Holliwood” è questo, niente più e niente meno. Il cinema per il cinema, fatto come si deve.
E per quelli che non ne possono fare a meno, non mancano gli spunti sul dualismo reale e cinematografico impersonato dai due protagonisti, un dualismo che senza dubbio regala al film contenuti ed emozioni.
Emmanuel Raffaele Maraziti
Rieccomi! Anch’io ho dedicato un post a questo film… spero che ti piaccia! 🙂