Sembra che, in vista delle prossime elezioni politiche, CasaPound stia ormai giocando su due fronti: da un lato conquistare astensionisti e destra radicale con un linguaggio orgogliosamente poco diplomatico, poco politicamente corretto e che non nasconde l’ispirazione al fascismo; dall’altro, presentarsi all’occasione in giacca e cravatta, pacati e, dopo tutto, alternativi ai soliti politici ma non “fuori di testa”. Come quelli di Forza Nuova, verrebbe dire stando alle ultime dichiarazioni di Simone Di Stefano, segretario e candidato premier del movimento che ha bocciato fermamente la protesta di Forza Nuova sotto la sede del quotidiano “Repubblica“.
“Se si vuole controbattere l’informazione a senso unico dei giornali – ha dichiarato – si fa controinformazione come facciamo noi, con quotidiani on line, canali Youtube. Si controbatte con il confronto. Noi, nella nostra sede, abbiamo invitato giornalisti che non la pensano come noi a confrontarsi. I giornali hanno giustamente la loro linea editoriale“. Quello di Fn, ha aggiunto, “è un gesto sbagliato e inopportuno specie in un momento come questo in cui si parla di una ‘terribile’ onda nera che sta travolgendo il paese”: “andare mascherati a lanciare fumogeni sotto la sede di un giornale non mi sembra una iniziativa che possa produrre risultati politici ma solo riprovazione generale”. Poche ore prima, Nina Moric, showgirl vicina al movimento, aveva sottolineato sui social la profonda differenza tra CasaPound e Forza Nuova. Nel frattempo, ieri, il vicepresidente Andrea Antonini, sulla sua pagina Facebook, ci era andato giù ancora più duro: “Sapete che vi dico? Che se fossi il responsabile di un movimento ridotto ad un lumicino, tenuto acceso solo dall’odio e dall’invidia verso chi ha costruito sulle macerie, dopo aver dilapidato un patrimonio politico avuto in lascito da chi era troppo più grande me, anche io proverei ad evitare di dover gridare al mondo il mio fallimento, magari con un grandioso scioglimento per decreto governativo. Fa sempre curriculum e, sconfitto dalla storia più che dai nemici, mi permette di raccontare che ‘ero ad un passo dalla vittoria’”. Altro che “competizione nera“, come titola Huffington Post: ormai è scontro aperto.
Abbiamo sottolineato diverse volte in passato le differenze politiche tra i due movimenti, così come l’inconsistenza della proposta che a volte si solleva nell’ambiente di una “reunion” tra le sigle dell’area. Ma CasaPound, differenze a parte, ha sempre avuto un altro piano in mente: arrivare a proporsi come unico movimento rappresentativo della destra radicale. E pochi giorni fa, proprio Di Stefano, ha fatto un riferimento esplicito al fatto di ricoprire il ruolo che fu del Msi. A livello militante, del resto, la rivalità non è cosa nuova. E non poche volte ad essere sotto accusa era stata proprio Cp per via delle sue posizioni spesso anticonformiste. Critiche, però, mosse sempre “sottovoce”. Perciò, dal momento che le questioni “interne” non ci interessano, torniamo ad analizzare la questione in base a quello che, invece, è emerso da un punto di vista politico.
Poiché, in effetti, le parole di Di Stefano un po’ stupiscono. Soprattutto considerando che, proprio il leader delle tartarughe, quattro anni fa era finito in cella e poi condannato per aver essersi addirittura arrampicato sul balcone della sede romana del Parlamento europeo, strappandone la bandiera, mentre sotto i militanti lo proteggevano dall’azione della polizia, portata avanti a suon di manganelli. Fu un gesto che gli costò, peraltro, l’inserimento tra i candidati impresentabili. Anche in quella, come in altre occasioni, peraltro, i militanti di CasaPound, Di Stefano compreso, come in altre occasioni, avevano portato avanti l’azione indossando delle maschere molto simili a quelle usate di militanti di Forza Nuova e con lo stesso significato. “Ci siamo presentati così”, avevano spiegato infatti quelli di Fn, “perché oggi rappresentiamo ogni italiano tradito da chi con la penna favorisce Ius soli, invasione e sostituzione etnica. Il Gruppo De Benedetti, agli ordini di Soros, Renzi e Boldrini, è la voce di chi sta attuando il genocidio del popolo italiano”.
Del resto, un anno prima, il presidente Gianluca Iannone era finito sulla stampa proprio per un “ceffone futurista” (così lo aveva definito dopo i fatti) al giornalista Filippo Rossi, colpevole di aver “ripetutamente diffamato il nostro movimento in maniera del tutto pretestuosa”. Altri tempi? Probabilmente. Eppure, era solo l’8 settembre, ovvero tre mesi fa, quando Di Stefano su “Il Primato Nazionale” invitava così gli elettori a votare CasaPound: “avere CasaPound in Parlamento vorrebbe dire avere una forza politica determinata a contrastare il governo di grande coalizione e determinata a difendere gli italiani. Anche a costo, torno a ripeterlo, di far volare sedie e schiaffoni“.
Perché, dunque, sedie e ceffoni in Parlamento si, mentre qualche fumogeno sotto la sede di Repubblica no? Un atteggiamento che stupisce soprattutto dopo le polemiche di cui è stata protagonista proprio CasaPound, tirata in mezzo ad Ostia nella questione relativa al clan Spada senza alcuna prova. E senza che nessuno, da destra, abbia provato ad approfittarne per infangare i rivali. Anzi. Evidentemente, però, CasaPound, dopo il 9% di Ostia e la ribalta sulla stampa (su Affari Italiani il racconto delle gesta è ormai quasi quotidiano), sente ormai il Parlamento più vicino e non intende lasciarsi trascinar giù dall’allarme mediatico che ha fatto ipotizzare anche lo scioglimento di gruppi come il Veneto Fronte Skinheads in seguito alla lettura di un volantino di protesta nella sede di una associazione pro-migranti a Como (ipotesi che fa già ridere così). Che i rapporti non idilliaci tra i due gruppi abbiano influito sulla presa di posizione è probabile, che la differenza esista e sia tangibile lo abbiamo sempre detto, ma che nello specifico qualcosa non torni è, però, altrettanto certo.
A proposito del Vfs, invece, proprio ieri sono stati emessi alcuni fogli di via contro i militanti venuti da fuori città. Per tutti, poi, perquisizioni domiciliari coordinate dall’antiterrorismo e denunce niente meno che per violenza privata. Nonostante nessuno sia stato neanche sfiorato, niente sia stato danneggiato e i militanti si siano limitati a leggere, appunto, un volantino. Ma tanto è bastato per lo scandalo a reti unificate. Quanto al “blitz” di Forza Nuova, dodici persone identificate e una perquisizione nella sede del movimento: anche in questo caso, nonostante il lancio di un fumogeno, nessun danno a cose o persone, né l’ingresso o l’avvicinamento ai locali della redazione. Anche in questo caso, però, si indaga per violenza privata e minaccia. Sul posto è arrivato il Ministro dell’Interno Minniti. Tutte le istituzioni hanno espresso la loro solidarietà, così come l’Ordine dei Giornalisti. Il capo della Polizia Gabrielli ha addirittura definito l’episodio come “molto più grave” dell’esplosione di un ordigno davanti una caserma dei carabinieri. Fiore, capo di Fn, ha replicato: “se lo fanno i centri sociali ridacchiano, se lo facciamo noi è inquietante”. E, qualunque cosa si possa pensare dell’opportunità politica del gesto e dello stesso valore politico del movimento, come dargli torto? A fronte di città messe a ferro e fuoco dai centri sociali, con poche conseguenze giudiziarie e senza pressoché nessuna conseguenza politica, l’allarmismo e le misure d’emergenza arrivano per la lettura di un volantino e per il lancio di una campagna di boicottaggio. Che sarà pure cosa legittima, fino a prova contraria.